Dal sequestro Snaidero al processo Taliercio: gli 80 anni di Gianpaolo Tosel, magistrato con la passione per il pallone

Sabato 24 Ottobre 2020 di Paolo Cautero
Gianpaolo Tosel, 80 anni

UDINE - È una vita intensa quella di Gianpaolo Tosel: udinese classe 1940, figlio unico di un funzionario del Genio Civile originario di Pinerolo venuto in Friuli per lavoro e dove aveva trovato moglie, che lunedì 26 ottobre compirà 80 anni. Studi classici al liceo Stellini di Udine e facoltà di Giurisprudenza a Ferrara. A 21 anni era già laureato, con la prospettiva di avviarsi all’insegnamento universitario. Scelse invece la di entrare in magistratura, nella primavera 1965. «Quando indossai la toga – sottolinea con un pizzico di comprensibile orgoglio – venivo indicato come il più giovane magistrato d’Italia. Al primo processo che tenni, roba da liti di condominio, una teste mi affettuosamente appellò come: “bambino”».
 

IL RAPIMENTO SNAIDERO

Il “bambino” è cresciuto terminando la carriera professionale a Udine con la qualifica di Procuratore generale circondariale della Repubblica. Nel complesso sono stati 35 anni in cui ha incrociato il proprio impegno con tanti casi, alcuni veramente complicati. Due in particolare spiccano nel personale curriculum. Uno è l’operazione che consentì il fallimento del sequestro all’industriale Roberto Snaidero, famiglia delle omonime cucine di Majano. Accadeva nell’autunno 1985. Ricorda Tosel: «Al tempo ero Sostituto procuratore a Venezia e collaboravo strettamente con i Reparti speciali dei Carabinieri, guidati dall’allora capitano Gianpaolo Ganzer in seguito diventato generale:avevano infiltrato un loro elemento nella banda veneta dei giostrai, che fino a quel momento vantava 13 sequestri di persona. Cedevano i rapiti alla malavita organizzata che gestiva i riscatti: sei sequestrati non erano però mai tornati a casa».
Gente con cui non c’era affatto da scherzare.

Continua Tosel: «Sapevamo che pianificavano un sequestro in Friuli, probabilmente nella zona di Majano. L’allarme scattò allorché in zona apparvero un paio di vetture di grossa cilindrata, particolarmente indicate per scopi del genere. Da quel momento sull’auto di Roberto Snaidero, obbiettivo dei sequestratori, si mise al volante un carabiniere con tanto di parrucca, per fare credere di essere il giovane industriale mentre compiva il breve tragitto dalla fabbrica a casa. Una sera, era la vigilia del mio compleanno, le due auto sorvegliate si misero in azione. Ma erano pronti gli uomini dei Reparti speciali che ingaggiarono un conflitto a fuoco con i malviventi: tre furono uccisi, altri due rimasero feriti e scapparono, venendo comunque arrestati poche ore dopo sulle rive del Tagliamento. L’operazione era stata talmente segreta che non ne sapevano nulla nemmeno i carabinieri della stazione di Majano, che sorgeva a pochi metri dal luogo dell’agguato».


L’OMICIDIO TALIERCIO
Negli anni ‘80 Tosel fu chiamato quale pubblico ministero – nell’allora nuova aula-bunker di Mestre - a sostenere l’accusa nel processo il cui filone principale era costituito dal sequestro e l’assassinio avvenuto a Tarcento – da parte delle colonne Veneta e Friulana delle Brigate Rosse - di Giuseppe Taliercio, dirigente del petrolchimico Montedison di Marghera.

«Ho vissuto tre mesi protetto a Mestre in una struttura dei Carabinieri - ricorda - La mia arringa finale durò tre giorni e il processo si concluse con la comminazione di diversi ergastoli. Poi mi proposero di farmi proteggere dalla scorta. Non accettai perché sono convinto che lo scopo principale di un’azione terroristica sia di ottenere rimbalzo mediatico. Fare fuori un magistrato assieme alla scorta ha un effetto maggiore rispetto a quello di ammazzarlo mentre passeggia col cane, come sono solito fare. Siccome avevo moglie e tre figli piccoli, mi accorgevo che c’era ugualmente nei mie confronti della vigilanza».


Ma cosa resta di tanti momenti sofferti e difficili? «L’affetto forte – rivela - per tutte le forze dell’ordine e i reparti speciali in particolare e la riconoscenza al personale delle Procure di avermi sopportato. Ma anche i rapporti umani, spesso sottovalutati, con gente la quale stava vivendo fasi drammatiche della vita. Ricordo che venne da me uno che avevo condannato anni prima a una pena piuttosto pesante. Scarcerato, era in difficoltà e domandava un consiglio su cosa fare per un delicato problema familiare. Quando gli chiesi spiegazione perché si fosse rivolto proprio a chi lo aveva condannato, replicò: “Perchè di lei mi fido”».
 

IL PALLONE

Ad alleggerire le tensioni, il mondo del calcio prima quale componente l’Ufficio Indagini della Federazione e, dal 2006 al 2017, come Giudice unico dei campionati di serie A e B. «Mi sono divertito – confessa Tosel – nonostante l’epilogo da parte della Figc, con cui collaboravo dal 1983, sia stato poco elegante. Appresi infatti che non sarei stato più confermato nell’incarico solo dai giornali, neanche una telefonata del presidente di turno». Comunque è ormai acqua passata e l'ex-magistrato Gianpaolo Tosel trascorre la sua pensione in serenità e consapevole di avere fatto il proprio dovere (nel suo conto stanno anche i ruoli di Difensore civico e di Garante dell'università). Ne gode la cagna Clotilde, massiccio esemplare di Bovaro del Bernese con cui quotidianamente s'accompagna per una salutare passeggiata. Una vita intensa, la sua, nel nome della legge e della giustizia. 

Ultimo aggiornamento: 08:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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