Civibank verso l'assemblea, parla la presidente Del Piero: «Ricapitalizzazione rinviata, se ne riparla in autunno»

Domenica 7 Giugno 2020 di Antonella Lanfrit
La sede di Civibank, Banca Popolare di Cividale

UDINE Civibank, la banca popolare con sede a Cividale, si ritroverà in assemblea il 15 e 16 giugno, in prima e seconda convocazione, con sede virtuale un notaio a Milano, per l’eccezionale modalità in cui si svolge causa Covid-19 che cambia anche la tempistica di voto sui temi all’ordine del giorno, tra cui il rinnovo di 3 componenti su 9 del Consiglio di amministrazione: non si risolve in una sola giornata, ma si sta sviluppando su più giorni. Sono alcune delle novità che caratterizzano l’evento 2020 della banca autonoma del territorio, sulla quale l’attenzione è alta da anni, anche per il pesante ridimensionamento del valore delle azioni, per ora di fatto illiquide per i 15mila soci. A guidare l’istituto dal 2015, e nel Cda dal 2013, è la commercialista ed ex assessore regionale alle Finanze, Michela Del Piero.

Presidente, ha chiuso la relazione al Bilancio 2019, approvato a febbraio dal Cda, affermando di avere in cantiere delle operazioni straordinarie di cui avrebbe parlato all’assemblea. Quella del 2020 vede rinviatala ricapitalizzazione della Banca, operazione accordata fino a 60 milioni nell’assise dell’anno scorso, con mandato triennale. A che punto si è? «Si era a uno stato avanzato di un’operazione, quando Covid-19 ha cambiato completamente gli scenari. A fronte di un tale evento, ho deciso di stopparla. In questo momento non so dire, perché nessuno ha una lettura chiara di ciò che succederà, se sarà solo uno stop dell’operazione o se ci sarà una rivisitazione. La Banca di Cividale, nonostante ciò che credono alcuni soci, vive in un contesto ed è evidente che non saremo indenni rispetto a tutto ciò che accadrà nel nostro territorio e, più ampiamente, sul mercato».

Quando è pensabile poter definire l’operazione? «Nell’autunno potremo avere una svolta. Con la ripresa, le analisi potranno essere più appropriate, anche se gli effetti di questo periodo li vedremo nei bilanci dei prossimi anni, sia delle aziende che delle banche».

Quanto a lungo peseranno gli effetti del lockdown e di una ripresa incerta? «Dipenderà da quanto imponente sarà il rallentamento, oltre a ciò che è già accaduto. Cominceremo a vedere gli effetti nel 2021. Tra moratorie, iniezione di liquidità e consolidi a seguito delle normative Covid, per ora si sta anestetizzando un po’ tutto. Il che è corretto, sono azioni volte a che le aziende si riprendano. Se non riusciranno a riprendersi, però, le ripercussioni si vedranno più avanti».

Gli industriali friulani stimano un -9% del Pil nel 2020, il Cluster del Legno/Arredo/Casa e gli artigiani fanno già i conti con un -35% in di fatturato. Il vostro osservatorio conferma una criticità diffusa? «L’impatto generato dalla pandemia è molto, molto forte. Per ora sono evidenti i problemi di chi a che fare direttamente con il consumatore – bar, negozi, turismo -, ma se i consumi nel lungo periodo risulteranno notevolmente diminuiti, rallenterà tutto. Dobbiamo attendere settembre-ottobre»

In questo scenario la Civibank ferma le sue strategie di sviluppo? «No. Si è fermata riguardo al tema del capitale e della compagine sociale, ma non nelle operazioni ordinarie riguardanti il piano industriale. Per esempio, si sono attuate le aperture in programma e a breve aprirà lo sportello a Montebelluna. Arriveremo a Padova entro fine anno, al massimo a inizio 2021».

Il Bilancio 2019 che approverà l’assemblea appartiene ormai a un’altra era. Sono pensabili utili nel 2020? «Confido di sì. Certo, sarà tutto ridimensionato, ma la nostra struttura è abbastanza consolidata in tema di costi e ricavi. Il vero problema saranno gli eventuali crediti deteriorati, se si origineranno default legati a questa crisi. Tuttavia, questi sono scenari che si verificheranno più avanti. In questo momento immagino il 2020 in continuità».

Come si cautela la Banca per non correre il rischio di ritrovarsi molti crediti inesigibili? «Cerchiamo di prendere le decisioni più prudenti possibili, senza bloccare la funzione che abbiamo, quella di iniettare liquidità sul mercato».

L’assemblea 2020 si terrà presso un notaio di Milano e le critiche non sono mancate, non era possibile trovare un professionista in regione? «Abbiamo dovuto fare l’assemblea con la nomina di un rappresentante designato, normativa mutuata dalle società quotate in borsa e applicate anche alle Popolari causa Covid. Poiché è un’applicazione nuova per tutti, ci siamo fatti affiancare da uno studio milanese esperto per la preparazione dell’assemblea. Lo stesso consulente ci ha consigliato di rivolgerci a un notaio che avesse esperienza con società quotate in borsa. La scelta del notaio milanese è derivata da questi presupposti. Avrebbe potuto venire qui per svolgere l’assemblea ma, quando l’ho indetta un mese fa, non c’era certezza sulla data dell’apertura dei confini fra regioni. Non ho voluto rischiare che l’assemblea non si svolgesse».

Ci sono tre componenti del Cda in scadenza – Massimo Fuccaro, Riccardo Illy, Guglielmo Pelizzo – e sei candidati. Il Cda ha riproposto gli uscenti; due associazioni di soci (Per il buon governo di Civibank e Gli azionisti dalla Bpc) hanno presentato Michele Picco, Teresa Dennetta e Silvano Chiappo. Un’ampia scelta è una ricchezza o un problema? «Auspico che la squadra rimanga la stessa. In un momento delicato come quello che stiamo vivendo, in cui bisogna conoscere le dinamiche della Banca e con tutto ciò è difficile prendere decisioni, è indispensabile non cambiare la governance. Per il bene dell’istituto, indipendentemente dalle valutazioni sulla qualità dei candidati, su cui non entro nel merito».

Per il voto c’è un modulo composto da 11 fogli. Può rappresentare una difficoltà per i soci? «Non credo. Le filiali sono a disposizione per spiegare ogni cosa. Anzi, poichè non si vota solo il giorno dell’assemblea, ma da diversi giorni prima, vi è il tempo di informarsi e di dare un voto con tutta tranquillità».

Le azioni a neppure un quarto rispetto ai 22-24 euro di un tempo. Non pensa che, in epoca Covid, a molti soci farebbero comodo i propri risparmi? «È un problema che comprendo benissimo, ma si guardi a quanto valgono oggi anche le azioni delle grandi banche quotate in borsa».

I due sodalizi che hanno presentato candidati al Cda sostengono l’urgenza della trasformazione in Spa della Popolare. Lei non è pregiudizialmente contraria. Passata questa buriana, sarà una prospettiva sempre più realistica? «Non vedo alternative.

Ma è una strada non fine a se stessa, bensì strumentale a un progetto. Non è un fine, è un mezzo».

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