Come primitivi in caverna: lui 50 anni
e lei 24, danno alla luce una bimba

Sabato 21 Novembre 2015 di Paola Treppo
Come primitivi in caverna: lui 50 anni e lei 24, danno alla luce una bimba
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MOGGIO UDINESE (Udine) - Lei 24 anni, lui più del doppio: 50enne. Entrambi di Trieste, senza lavoro, hanno scelto le montagne dell’Alto Friuli per vivere come dei primitivi, in una caverna, sotto un masso, cibandosi di bacche e di quel che la gente del posto, impietosita, portava loro da mangiare percorrendo un lungo sentiero.

Alla fine i militari della Guardia di finanza del Sagf di Tolmezzo sono andati a vedere se veramente esistevano. Con loro la forestale di Moggio Udinese e i volontari del soccorso civile del Cnsas sempre di Moggio Udinese. Li hanno trovati stretti stretti sotto un grosso sasso, a quota 1100 metri, dove vivevano da giorni senza mangiare nulla, denutriti.

Lui con la barba, lei infreddolita, anche se avevano il sacco a pelo. Il masso è quello di Clap di Ganeit: qui c’era la loro “casa”: per scaldarsi un fuoco stile primitivo, un focolare delimitato da un cerchio di sassi e in mezzo pezzi di legna da ardere.

Non volevano essere assistiti, quando i militari del Sagf li hanno trovati: magri come chiodi: hanno rifiutato inizialmente di essere portati a valle.

Ma poi, con le buone, hanno accettato. I due “asceti” li hanno fatti aspettare: dovevano raccogliere le loro “masserizie”, ovvero una griglia, qualche pentola e stracci. Li ha recuperati l’elicottero della protezione civile del Fvg, dopo un tratto a piedi fatto con il Sagf, del tutto surreale: il velivolo è atterrato agli stavoli “Dal Model” e da lì sono stati condotti nel centro di Moggio dove il sindaco ha chiamato l’assistenza sociale; il personale medico del 118 li ha visitati.

Non mangiavano da giorni ed è accertato si spostassero sui monti dell’Alto Friuli da diversi mesi. Hanno rifiutato il ricovero e hanno deciso, contro tutti i consigli, di accamparsi per la notte sul torrente Aupa. Sul posto i carabinieri della Compagnia di Tarvisio.

Il "frutto" del loro amore nato nei boschi

La scorsa primavera hanno deciso di mettersi tutto alle spalle e di vivere nella natura, perché il loro desiderio più grande era di far nascere nei boschi il frutto del loro amore, una bimba, venuta alla luce il 25 maggio nel bivacco Coi, sopra Portis di Venzone (Udine), a 1.300 metri sul livello del mare. Al tempo, avevano spiegato di non avere una meta precisa ma soltanto «di voler tornare all'essenza delle cose, così come erano un tempo». La bimba è stata poi affidata ad alcuni famigliari, perché il ritorno alle origini dei due giuliani è proseguito sulle montagne friulane, dove hanno trascorso gli ultimi sei mesi, spostandosi tra stavoli e rifugi. Fino a quando, una quindicina di giorni fa, si sono stabiliti a Moggio Udinese sotto un masso a strapiombo sulla valle sottostante, come i primitivi, riparati dalla pioggia, ma non dal freddo sempre più pungente.

Il "recupero" della coppia, oggi, 3 novembre

Nella tarda serata di ieri, 2 novembre, sindaco di Moggio è poi riuscito a convincere la coppia a non accamparsi sul fiume: i due hanno accettato di dormire nella sede della squadra comunale di protezione civile. Sono stati ampiamente rifocillati e non riuscivano a smettere di mangiare voracemente i panini preparati per loro. Verso le 10.30 di oggi sono stati fatti salire su un mezzo della Protezione civile locale che li porterà a Trieste, la loro città. Lui, un po’ reticente, ha spiegato che avrebbe voluto restare sotto il masso con la compagna: era convinto di riuscire a costruire una capanna solida, sempre sulle montagne, in grado di proteggerlo da pioggia e freddo. Ma poi ha confessato di essere stremato e che probabilmente non ce l’avrebbe fatta entro 15 giorni a costruire la baracca. Così alla fine i due tornano a Trieste. Non sanno dove andranno: forse si accamperanno in stazione. Forse sul Carso, sempre in mezzo alla natura.

Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 19:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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