La Cassazione: niente mantenimento all'ex moglie che rifiuta i lavori umili

Martedì 9 Marzo 2021 di Angela Pederiva
La Cassazione: niente mantenimento all'ex moglie che rifiuta i lavori umili
9

Tradita dal marito, ha ottenuto l'addebito della separazione a lui e l'assegno di mantenimento per sé. Mille euro (in aggiunta ai 650 per ciascuno dei due figli), fissati dal giudice di primo grado e confermati dalla Corte d'appello di Trieste, secondo la quale non si può pretendere che «una donna quarantottenne, laureata, che aveva goduto di un livello di vita invidiabile», poi «sia condannata al banco di mescita o al badantato», per cui è giusto che rifiuti gli impieghi più umili e viva con i soldi dell'ex. Argomentazioni inaccettabili per la Cassazione, che ha accolto parzialmente il ricorso dell'uomo e ha rinviato la sentenza in Friuli Venezia Giulia, al fine di «accertare l'effettiva possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita».


LA VICENDA

Oltre che una controversia fra ex coniugi, questa è anche una diatriba fra magistrati, su un tema dibattuto qual è quello del diritto all'assegno (e del suo importo) dopo la fine del matrimonio.

In questa vicenda, i giudici dei tre gradi non hanno avuto alcun dubbio nel confermare «l'addebito della crisi coniugale al marito, in ragione della condotta del medesimo, risultante da documenti e dalle deposizioni testimoniali raccolte», considerata anche la «relazione extraconiugale, causa del deterioramento dei reciproci rapporti». Così come è stato acclarato che «la comparazione dei redditi e del patrimonio delle parti mostra un elevato dislivello a favore del marito», pertanto «è stato correttamente determinato dal tribunale l'assegno di mantenimento in favore dei due figli in euro 650 mensili ciascuno, oltre alla metà delle spese straordinarie». 


Il problema è insorto invece sui mille euro per l'ex moglie, laureata in Lingue straniere, il cui «profilo individuale» secondo la Corte d'appello «non va mortificato con possibili occupazioni inadeguate». Ad esempio un impiego da barista o da badante, come proposto dall'uomo alla sua ex.


LE MOTIVAZIONI

Ecco il punto: la Cassazione stigmatizza il fatto che il collegio di Trieste abbia affermato «l'irrilevanza della ricerca di un lavoro, quale fonte di reddito», abbia dato «piena giustificazione al rifiuto di impiego, quando non fosse esattamente adeguato al titolo di studio ed alle aspirazioni individuali del coniuge che reclami l'assegno di mantenimento a carico dell'altro coniuge separato», si sia limitata «ad affermare il diritto di non reperire alcuna attività lavorativa reputata inferiore, senza però affermare di avere valutato gli impieghi effettivamente reperiti o proposti», abbia sancito «il diritto del coniuge richiedente a rifiutare ogni lavoro, in quanto non ogni proposta può ritenersi pertinente ed adeguata» e abbia mostrato «di ritenere svilente che una persona laureata» possa stare dietro un banco o accanto a un anziano. 
Secondo la Suprema Corte, invece, assume rilievo «la possibilità di acquisire professionalità diverse ed ulteriori rispetto a quelle possedute in precedenza». Dunque i giudici di appello hanno errato nell'arrivare «a negare dignità al lavoro manuale o di assistenza alla persona» e nell'omettere «di porre la propria attenzione sugli elementi rilevanti, come l'essere o no la coniuge in grado di procurarsi redditi adeguati, l'esistenza o no di proposte di lavoro, l'eventuale rifiuto immotivato di accettarle o comunque l'attivazione concreta alla ricerca di una occupazione lavorativa». Con questa ordinanza depositata nei giorni scorsi, perciò, la Cassazione ha stabilito che la sentenza torni alla Corte di Trieste, «affinché proceda agli accertamenti necessari alla corretta applicazione dei princìpi esposti».

Ultimo aggiornamento: 14:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci