Alina, suicida in commissariato:
poliziotti e dirigenti tutti assolti

Lunedì 4 Giugno 2018 di E.B.
Alina Bonar Diaciuk
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TRIESTE - Tutti assolti perchè il fatto non sussiste. Si chiude così dopo sei anni, con il verdetto del giudice Giorgio Nicoli del Tribunale di Trieste, la vicenda giudiziaria scaturita dalla morte dell'ucraina Alina Bonar Diaciuk che il 14 aprile 2012 si tolse la vita impiccandosi nei locali del commissariato di Opicina con un cordino della felpa mentre era in attesa di espulsione. Il Pm Massimo De Bortoli aveva chiesto 20 anni di carcere per gli imputati, tra dirigenti della Questura e agenti della Polizia di Trieste.

  L'imputazione era quella per concorso in sequestro di persona. Alina all'epoca dei fatti aveva 32 anni. Secondo l'accusa, sarebbe stata rinchiusa illegalmente per tre giorni nella "stanza di controllo". Morì dopo 40 minuti di agonia impiccandosi con la cordicella di una felpa, quella che serve per stringere il cappuccio. Nel corso del blitz in Questura vennero sequestrati 49 fascicoli in originale relativi ad altrettanti cittadini extracomunitari anch’essi, in attesa dell’espulsione, detenuti secondo la Procura illegalmente al commissariato di Opicina.  Omicidio colposo era l'accusa rivolta alle tre guardie giurate del commissariato che avrebbero dovuto sorvegliare la ragazza. L'assoluzione riguarda, dunque, l’ex responsabile dell'Ufficio stranieri della Questura, Carlo Baffi, il suo vice Vincenzo Panasiti, Alberto Strambaci, Cristiano Resmini, Alessandro De Antoni e Fabrizio Maniago, Ivan Tikulin e i colleghi Roberto Savron e Thomas Battorti.
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