Alida Valli, cento anni di fascino: l'istriana di Pola che conquistò Hollywood

Giovedì 27 Maggio 2021 di Adriano De Grandis
Alida Valli

VENEZIA - Il 31 maggio ricorre il centenario dalla nascita di Alida Valli, l'indimenticabile attrice protagonista di tanti film, da Senso di Visconti a Suspiria di Dario Argento. Ora un docufilm ripercorre la sua vita e la sua carriera tra Italia e Hollywood.

L'ANNIVERSARIO

Non basta la bellezza, che certo non manca. Ci vuole anche lo sguardo. E anche una forza personale di offrirsi allo spettatore e certo Alida Valli aveva un modo così diretto nel farlo, più naturale che accademico, più spontaneo che studiato. Lunedì prossimo avrebbe compiuto 100 anni, ma ci lasciò nella primavera del 2006, quando nel mito sfiorito dal tempo, dovette perfino ricorrere alla famosa legge Bacchelli. Istriana di Pola, in quel breve passaggio italiano tra le due guerre, Alida era nata, all'alba del fascismo, come una Altenburger von Marckenstein und Frauenberg, quindi di chiara discendenza aristocratica, da una madre pianista e un padre professore di filosofia e critico musicale, un ambiente che ne favorì l'inclinazione artistica, tanto da portarla a frequentare presto il Centro Sperimentale di Cinematografia, non ricavandone però granché, tanto da essere sconsigliata dall'affrontare tale carriera.

Ma il padre non smise fortunatamente di incoraggiarla.

 

L'ELENCO TELEFONICO

Il secolo di Alida, che divenne Valli nel 1937, come spiegò in una celebre intervista a Enzo Biagi, per puro caso consultando un elenco telefonico, visto che non avrebbe potuto mantenere il suo vero, ingombrante nome, è adesso riassunto in un puntuale documentario, che in questi giorni ha cominciato a girare nelle sale italiane. Lo firma Mimmo Verdesca, un cineasta quarantenne di Molfetta, con un'inclinazione per le opere dal tema cinematografico, che, da fan dell'attrice, ha deciso di indagare più dettagliatamente nella sua vita artistica e personale. Lo spiega così: «Se ti metti a studiare il cinema italiano è ovvio che ti imbatti prima o poi in Alida Valli, per la quale fin dal principio ho provato una forte ammirazione, andata via via intensificandosi con le visioni dei suoi film. E siccome amo le storie che si addentrano nel mondo del cinema, mi è parso quasi ovvio arrivare a lei, della quale si conoscono bene le tappe artistiche, ma assai meno la sua quotidianità fuori dal set». Se oggi esiste questo film, molto lo si deve al nipote Pierpaolo De Mejo: «Sì, è stato fondamentale, specie quando ha rivelato che esisteva un archivio rilevante, con diari che l'attrice compilava piuttosto regolarmente, che nel film poi sono letti da Giovanna Mezzogiorno. Ed è stato subito chiaro come la sua carriera fosse il riflesso della personalità di una donna, che pur tra diverse traversie, si dimostrò sicura nelle sue scelte».

NEL BENE E NEL MALE

Ne passò di momenti difficili, Alida. Da quando fu tacciata di essere l'amante del Duce, a quando finì quasi travolta dal caso Montesi, la ragazza trovata morta sul litorale romano nel 1953, delitto per il quale per un periodo fu sospettato il suo compagno Piero Piccioni, poi totalmente scagionato; da quando perse in guerra il suo primo amore (l'aviatore Carlo Cugnasca, caduto a Tobruk, in Libia), a quando decise di non aderire alla cerchia di artisti repubblichini, dopo l'armistizio del '43, per non recitare in film di propaganda fascista o, in epoca recente, quanto rifiutò la cittadinanza onoraria di Pola, dichiarando di essere stata sempre e solo italiana. Ma anche di tanti momenti entusiasmanti, con una carriera dove non si accontentò mai di ruoli consolidati e sicuri, spaziando tra i vari generi cinematografici, al fianco di registi straordinari. Una carriera che partendo da I due sergenti di Enrico Guazzoni (e siamo nel 1936), vide la collaborazione con Mattoli, Soldati, Gallone, Matarazzo e nei momenti di assoluta luminosità Visconti (l'indimenticabile contessa Livia Serpieri di Senso, forse il suo ruolo più iconico), Antonioni (Il grido), Bernardo Bertolucci (Strategia del ragno, Novecento, La luna), Giuseppe Bertolucci (Berlinguer ti voglio bene, con l'esordiente Benigni), Dario Argento (la glaciale e perfida miss Tanner di Suspiria, Inferno), Pasolini (Edipo re), e ancora Mario Bava, Franju, Chéreau, Chabrol, von Trotta, Clément, Vadim, Deray, Pontecorvo.

HOLLYWOOD E RITORNO

Non è mai stata una diva in senso totale. Nemmeno quando il produttore David O. Selznick, uno dei grandi produttori dell'era ruggente di Hollywood, la portò in America per farne un'altra Ingrid Bergman: qui arrivarono Il caso Paradine (1947) con Gregory Peck e Charles Laughton, sotto la guida del grande Alfred Hitchcock, che in realtà avrebbe preferito Greta Garbo; e Il terzo uomo (1949) di Carol Reed, al fianco di Orson Welles e Joseph Cotten, nella Vienna del dopoguerra. L'idillio statunitense durò poco, interrotto da un brusco rimprovero di Selznick per ritardi sul set, ma soprattutto perché l'attrice non sopportava regole troppo rigide. Se ne andò accettando di pagare una ingente penale, tornando in Italia. Questo per capire la sua forte personalità.
Prodotto da Venice Film e Kublai Film, con l'Istituto Luce, Fenix e Rai cinema, il documentario (dal titolo Alida), attraverso materiale inedito e molti interventi di celebrità del cinema, nonché figli e parenti vari, ripercorre in modo didattico-divulgativo tutta la sua vita. Ancora il regista Verdesca: «Volevo fare un prodotto per tutti. Ora che sono arrivato alla fine e che ho potuto conoscerla meglio, non ho cambiato idea su di lei, su ciò che avvertivo da spettatore. La mia ammirazione per una donna che ha saputo mantenere una grande libertà, risulta perfino rafforzata».

Ultimo aggiornamento: 16:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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