Uccise due poliziotti in Questura a Trieste, Meran assolto «ma non potrà essere scarcerato»

Sabato 7 Maggio 2022
Gli agenti uccisi in Questura a Trieste

TRIESTE - Il giorno dopo la sentenza della Corte d'Assise di Trieste che ha assolto Alejandro Meran perché non imputabile e ha applicato una misura di sicurezza detentiva del ricovero in Rems (Residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza) per minimo 30 anni, si chiariscono alcuni aspetti del dispositivo ma, al contrario, non si placano le polemiche.

Del resto ieri i familiari delle due vittime avevano bollato come una vergogna il verdetto.

Meran è accusato di aver ucciso i due agenti di polizia Matteo Demenego e Pierluigi Rotta, durante una sparatoria in Questura a Trieste il 4 ottobre 2019. Il fatto che Meran non sia imputabile non significa che potrà essere scarcerato: il Procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo, che ha seguito il processo in prima persona (pm è Federica Riolino) e ieri era in aula, si è espresso chiaramente su questo aspetto indicando che «la scarcerazione di Meran non avverrà». Si chiederà «al Ministero che designi la Rems adeguata» e nel frattempo «chiederemo al direttore del carcere Verona Montorio di trattenerlo».

Il Procuratore ha qualche dubbio in punta di dottrina: «Non sono sicurissimo che sia la soluzione oggettivamente correttissima, ma è quella che il buon senso mi suggerisce». D'altronde, come lasciare fuori un uomo che entra un giorno in Questura per costituirsi per il furto di un motorino (restituito) e fugge dopo aver ucciso due agenti? «C'è un disagio oggettivo nel dire di chiudere il processo in questo modo - prosegue De Nicolo - viviamo a contatto con la Polizia, giorno per giorno li sproniamo, li strigliamo, c'è una simbiosi giornaliera. Però le leggi del processo sono queste», la scienza «ci dice questo». È una tragedia, ma la conclusione della non imputabilità è questa«.

Dura la critica di Peppe Dell'Acqua, psichiatra al fianco di Basaglia durante l'apertura del manicomio di Trieste, all' epoca: «È una sentenza che si poteva emettere nel 1935, a ridosso del codice penale Rocco, figlio diretto del positivismo scientifico lombrosiano». Dell'Acqua dissente dall'idea che si possa «ridurre a una parola l'intera vita di una persona perché l'ha detto un perito. È peggio dell'ergastolo». Questo, nonostante il fatto che la perizia in oggetto - quella della Corte, che ha dichiarato Meran infermo di mente - sia «coscienziosissima». L'idea che lo psichiatra aveva espresso due giorni fa, era che «anche Meran avrebbe potuto fare un percorso di riabilitazione in carcere, dove avrebbero gli strumenti per gestirlo». Purché, «l'impegno fosse stato congruo». Questo se fosse stata riconosciuta la seminfermità mentale, dunque il carcere. Contrarie alla sentenza anche le parti civili che proporranno «un'istanza al procuratore generale presso la Corte d'appello affinché proceda lui ad appellare la sentenza di assoluzione», hanno annunciato gli avvocati Valter Biscotti e Ilaria Pignattini, difensori di parte civile in rappresentanza di Fervicredo. Ieri, dopo la sentenza, il capo della Polizia Lamberto Giannini ha contattato i familiari di Matteo Demenego e Pierluigi Rotta per un lungo colloquio. 

Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 11:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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