Volley, Alberto Cisolla ex capitano della Nazionale si ritira a 44 anni. «Ora faccio il ristoratore»

Lunedì 6 Giugno 2022 di Francesco Maria Cernetti
Alberto Cisolla

TREVISO - «Fisicamente sto bene e mi diverto ancora molto, potrei andare avanti altri 10 anni, ma penso sia il momento di guardare avanti», così Alberto Cisolla, 44 anni, simbolo della Sisley pigliatutto ed ex capitano della Nazionale.

L'intenzione è di chiudere la carriera dopo oltre 20 anni tra i senior: «Deciso al 100%, anzi, facciamo 99.9 magari. E' una scelta professionale nei confronti di Brescia». Brescia che, dopo Treviso, per Cisolla è diventata una seconda casa. «Sono ormai 7 anni che ho sposato la causa della Consoli, è una grande società che mi ha fatto subito sentire a casa. Qui ho ritrovato un feeling molto simile a quello Sisley, con obiettivi forse diversi ma con la stessa passione».

Decisione presa dunque?
«Penso proprio di sì. Dalla parte della famiglia di mia moglie abbiamo un'attività sul lago di Garda e questo è l'ultimo anno di gestione dei suoceri prima della pensione. Ho sempre pensato di poter tuffarmi in questa avventura, e da marzo diventerebbe difficile combaciare gli impegni tra sport e lavoro».

Quale la posizione di Brescia?
«Carta bianca per decidere, ma non voglio assolutamente che aspettino me. Non basta legarsi le scarpe prima delle partite, ci vogliono dedizione e continuità: anche per questo ho preso questa scelta».

Immagino non sia una decisione facile.

«La passione è sempre quella del primo giorno».

Come si è avvicinato alla pallavolo?
«Sono stato molto fortunato. Da piccolo abitavo a 5 chilometri dalla Ghirada, un oratorio' particolare se vogliamo chiamarlo così, mi sono sentito un privilegiato a poter usufruire di strutture simili e, soprattutto, di poterlo fare stando accanto alla mia famiglia a differenza di molti altri ragazzi. Madre natura mi ha regalato mezzi tecnici e fisici presto, al resto ci ha pensato la Ghirada».

Quali i ricordi più belli della sua avventura a Treviso?
«Sicuramente lo scudetto con l'Under 16, quando ho realizzato che questo sport avrebbe potuto essere più di un semplice divertimento. E' stato fondamentale essere a contatto quotidianamente con i campioni che giravano in quegli anni a Treviso tra pallavolo, rugby e basket, come Bernardi per dirne uno. Vivere in un ambiente simile mi ha fornito continui stimoli, raccogliendo la mentalità Benetton: lavorando sempre in modo seria e professionale. Ed è una cosa che è rimasta tutt'ora con il settore giovanile della Sisley grazie a Zanin e De Conti solo per citarne alcuni».

Poi oltre 15 anni indossando la maglia della propria città.
«Ci sono stati alti e bassi, ma è stato un sogno. Una cosa che mi rimarrà impressa per sempre è lo scudetto 2002 con Tencati, Vermiglio e Fei: sarebbe dovuto essere un anno di ricambio generazionale e invece vincemmo subito il titolo. Farlo con compagni con cui avevo condiviso buonissima parte del settore giovanile è stato speciale».

Con l'ItalVolley quale il punto più alto?
«Sicuramente l'Europeo del 2005 a Roma, vincere l'oro davanti a 15mila spettatori e ottenere il titolo di miglior giocatore del torneo. A maggior ragione se penso che arrivavamo da una World League deludente, e abbiamo dovuto vendicarci della Russia in finale dopo il ko all'ultima giornata del girone».

Qualche rimpianto o qualcosa che avrebbe voluto andasse in modo diverso?
«Andare a Roma dopo Macerata, nonostante l'offerta da Novosibirsk. Mezzaroma mi convinse a firmare nella capitale con un buon progetto ricco di giovani, tra cui Zaytsev; il primo anno mi infortunai e dovetti saltare 3 mesi, il secondo saltò la società. Con un'altra scelta avrei potuto giocare altri anni ad alti livelli».

Poi è stato il turno di Brescia.
«Per me una piccola Treviso, con cui mi sono tolto grandi soddisfazioni. Abbiamo raggiunto una finale di Coppa Italia, sfiorato la promozione in A. E' una società seria, che ho cercato di ripagare sempre, come successo con la Sisley».

Cosa riserva il futuro ad Alberto Cisolla?
«Il mio primo pensiero sarà l'attività di famiglia, ma staccare il cordone ombelicale che mi lega alla pallavolo è impossibile. Continuerò magari a seguire progetti, fare telecronache, magari nella stagione invernale intraprendere collaborazioni tecniche, chissà».

Niente esperienza da allenatore?
«Non credo, ci sarebbe tanta gavetta di mezzo e voglio dedicare buona parte delle mie attenzioni al ristorante».
 

Ultimo aggiornamento: 16:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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