La Blood gang di Vittorio Veneto: cosa facevano e i chi sono i baby gangster

Venerdì 24 Luglio 2020 di Serena De Salvador
La Blood gang di Vittorio Veneto: cosa facevano e i chi erano i baby gangster
9

VITTORIO VENETO - «Fuori i soldi o ti ammazzo». «Dammi quella sigaretta altrimenti le prendi». «Sgancia quei cinque euro o ti picchiamo». «Toccarne uno (di noi ndr) significa toccarci tutti». Sono le parole che per un anno e mezzo hanno scandito la quotidianità della Blood Gang, la banda del sangue. Una quotidianità fatta di prepotenza, soprusi, violenza. Di quell'istinto di unione scaduto fino a formare non un gruppo ma un branco, autoalimentato da un delirio di potere fatto di pochi spiccioli da estorcere e rapinare a ragazzini appena adolescenti per sentirsi duri, per potersi fotografare con il dito medio alzato e fingersi gangster incarnando goffamente immaginari della musica e del cinema. Piccoli che fanno i grandi, diventando però criminali a tutti gli effetti.

SETE DI OSTENTAZIONE
E a tutti gli effetti sono andati incontro alla Legge che ha presentato loro il conto sei giovanissimi, tutti minorenni, arrestati ieri mattina dai carabinieri su disposizione del Gip del tribunale dei minori di Venezia. Gravissimi i reati di cui sono accusati in concorso: estorsione, rapina, percosse e furto aggravato. Reati accertati grazie a una certosina e delicatissima indagine condotta dai carabinieri di Vittorio Veneto che per mesi li hanno monitorati, andando a scovare non soltanto loro ma le loro vittime, anch'esse tutte giovanissime. Se infatti i sei teppisti ammanettati hanno tra 16 e 17 anni, le loro prede sono in molti casi ancor più giovani. La banda ha origine nell'autunno del 2018 e se le sue attività criminali per quasi due anni sono avvenute per le strade e le piazze del paese, la vetrina per vantarsene era invece sui social network. A rendere ancor più anacronistica la situazione è il movente che gli inquirenti hanno individuato alla base dell'agire del branco. Furti e rapine non servivano per ottenere denaro o oggetti, tanto più che i bulli si accontentavano di poche monetine. Non servivano nemmeno ad acquistare stupefacenti, alcolici o altri beni. Il vero scopo era guadagnare fama e potere incutendo terrore, farsi rispettare rendendosi distinguibili come i delinquenti che dominavano ogni spostamento. Una visione distorta che per tutto il 2019 si è cibata dei commenti e degli apprezzamenti arrivati sulla pagina Instragram Blood Gang, la stessa che ha poi permesso ai carabinieri di individuarli tutti e di inchiodarli alle loro responsabilità.

IL RITRATTO
Sono tutti studenti delle scuole superiori della zona, vivono tra Vittorio Veneto e i paesi limitrofi, molti sono figli di genitori immigrati in Italia e sono nati e cresciuti nella Marca.

Profili che li rendono identici alle loro vittime, puntate solo perché venivano identificate come coloro che dovevano portare rispetto. Sei sono stati riconosciuti come gli autori materiali di dieci episodi di violenza, ma nelle fotografie di gruppo si nota chiaramente come il gruppo fosse ben più vasto e proprio per capire se e quanti altri giovani possano essere coinvolti in casi analoghi le indagini stanno proseguendo. Per tutto lo scorso anno hanno infastidito, accerchiato, aggredito adolescenti agendo inizialmente senza dare troppo nell'occhio. La loro sete di fama è però ben presto dilagata, i soprusi sono diventati sempre più espliciti e ormai nei luoghi di aggregazione dei ragazzi anche i residenti e i commercianti sapevano perfettamente quale peso e pericolo rappresentasse quel gruppo. Un vero e proprio controllo del territorio a suon di taglieggiamenti, che li aveva fatti finire sotto l'occhio delle istituzioni comunali e delle forze dell'ordine. A dicembre tre di loro, gli stessi che oggi sono obbligati a non uscire di casa in attesa delle decisioni del tribunale circa il loro percorso riabilitativo, erano stati individuati e denunciati. Fondamentale era stata la segnalazione da parte di una vittima, come avvenuto anche in questo ultimo caso. Il lockdown li ha costretti a fermarsi, ma la tregue non è durata che un paio di mesi. Da maggio infatti le incursioni in centro sono ricominciate e con esse la paura di decine di ragazzini.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci