Sgarbi mette in scena il "suo" Canova: «Lui è ancora vivo e le sue opere ce lo dimostrano»

Mercoledì 18 Maggio 2022 di Elena Filini
Vittorio Sgarbi

TREVISO - «Il mio Canova? Il più scrupoloso sovrintendente della storia moderna». Così Vittorio Sgarbi racconta lo spettacolo dedicato allo scultore trevigiano che terrà sabato 21 maggio al teatro Mario Del Monaco di Treviso in occasione del bicentenario dalla scomparsa. Il critico, presidente del Comitato nazionale di studi Canoviani sarà nel capoluogo della Marca per una lectio su Canova insieme al pianista Carlo Bergamasco e al violinista Marcello Corvino con una performance dedicata al nuovo Fidia. In Canova, spettacolo teatrale lo storico dell'arte celebra la vita dell'artista ripercorrendone le opere ancora oggi attuali per poetica e risultati estetici.

Ma come lo sta pensando questo spettacolo?
«Accendendo dialoghi impossibili con alcuni artisti coevi, e non, ho ricostruito un periodo cruciale della storia dell'arte e della società che fu. Canova è vivo perché le sue opere continuano a vivificare il nostro presente con la loro esistenza che possiamo ammirare dal vivo alla Gypsotheca di Possagno, ai Musei Vaticani e alla Galleria Borghese, al Louvre, all'Hermitage e in numerosi musei del mondo, alcune di queste opere sono qui riunite per una serata immaginaria».

Porterà questo reading nei teatri italiani?
«Non lo so, perché il mio progetto su scala nazionale avrebbe dovuto essere dedicato a Pasolini. Ma ho risposto ad un invito del sindaco di Treviso Mario Conte e del direttore dello Stabile Giorgio Ferrara e dunque sto preparando questo spettacolo su Antonio Canova che debutta a Treviso sabato prossimo».
Ma chi è per lei Canova?
«Un secondo Raffaello, è l'autore che più di tutti rappresenta lo spirito italiano. Come nel Rinascimento, l'epoca neoclassica ha il culto dell'antico».
Ma lo scultore di Possagno ha anche un preciso ruolo storico nel salvataggio di tante opere italiane.
«Canova ha la stessa concezione di Raffaello, la stessa visione della classicità. E in più deve recuperare le opere in Francia. Ha quindi l'impegno storico di ricostituire il patrimonio italiano depauperato. La sua è la funzione di un grande sovrintendente che ha a cuore il patrimonio. Mentre come artista continua l'opera di Raffaello».
E la musica? Che ruolo avrà nello spettacolo?
«Abbiamo scelto musiche di Mozart e Beethoven, i due autori che vivono e scrivono nel tempo in cui Canova è vivo in una dimensione che è anch'essa classica. Beethoven ha legami diretti con Napoleone, mentre Mozart li ha con il Veneto e Treviso grazie a Lorenzo da Ponte. Canova è in qualche misura l'autore che dà il senso della compiutezza di un mondo che pare perfetto, il mondo della Magna Grecia ed età romana e Rinascimento in continuità con il Neoclassicismo. È il culmine di questa tradizione».
Come giudica invece l'uomo Canova?
«Antonio Canova è dedito all'arte come più alta espressione della vita. Nella sua biografia non ci sono atti spettacolari, solo studio e ricerca. Non c'è una vita personale: sarebbe togliere tempo alla vita universale. È molto simile a Raffaello. È un sacerdote dell'arte. Il piacere, per lui, sta nel rapporto con il potere. L'arte per se stessa è una forma di dominio della realtà».
Come sta andando l'anno canoviano? Visto dal di fuori pare un po' a rilento...
«Sono presidente del Comitato nazionale insediato da circa un mese. Stiamo predisponendo una serie di azioni da qui a fine anno».
Non vi siete insediati tardi?
«Ma non è un auto-insediamento, abbiamo atteso i tempi del ministero. Già qualcosa si sta muovendo. Mi spiace che non si sia fatta la mostra a Treviso con Canova e Arturo Martini».
Ma a Treviso è in corso una bella mostra canoviana...
«Sì certo, ho anche prestato come sovrintendente del Mart il dipinto di Hayez. Però secondo me Treviso si è un po' arroccata. Non so, anche l'idea di riferirsi a studiosi storici di Canova mi pare un po' superata».
Sempre buono lei...
«Ho anche visto un paio di volte il direttore Fabrizio Malachin. Non so, mi sembrava un bel taglio moderno questa cosa di Arturo Martini ma poi ognuno fa le sue scelte. Io ho fatto dialogare il contemporaneo e Canova al Mart e a Possagno. A Treviso hanno individuato un altro percorso. Comunque Treviso dà un segnale di esistenza, bene così».
E il prestito della Pace di Kiev a Firenze?
«Una grande iniziativa propria del Comitato concordata col ministro dei Beni culturali che ha un significato sovranazionale. Nel contesto dello stato di guerra in cui ci troviamo credo abbia un altissimo valore simbolico»
Infine: povera Paolina!, mutilata un'altra volta da un visitatore a Possagno. Non conviene farle dare una benedizione?
«È troppo bella e troppo desiderata. È una scultura magnifica e fragile. Ma stavolta abbiamo trovato un modo per sostituire grazie ad un sistema di dita mobili in gesso, le tre manomesse. La cosa si è quasi risolta, poi non prendiamocela proprio con i bambini. Peraltro risulta siano piccoli ospiti ucraini in fuga presso famiglie trevigiane».

 

Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 10:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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