ODERZO - Troppe contraddizioni. Il racconto della vittima, che non si era costituita parte civile, non è attendibile. Motivo per cui il tribunale di Treviso, in composizione collegiale, nonostante i 13 anni di condanne chiesti dal pubblico ministero, ha assolto il marito (28 anni) e il suocero (58 anni) della donna, difesi dagli avvocati Giulia Garbo e Alice Lucchese, che li aveva trascinati in tribunale. Erano chiamati, a vario titolo, a rispondere dei reati di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate.
La donna diceva di vivere murata in casa, vessata dal punto di vista psicologico, fisico e soprattutto costretta a subire attenzioni sessuali malgrado fosse in gravidanza. Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Treviso, sulla base del racconto della vittima, poco più che ventenne, marito e suocero le hanno impedito di avere contatti con persone che non fossero i suoi familiari, non le permettevano di spostarsi liberamente e da sola, di integrarsi nel tessuto sociale che l’aveva accolta e soprattutto di imparare la lingua italiana. Per assicurarsi la più totale obbedienza, sono arrivati anche a chiuderla a chiave in casa quando andavano a lavorare. Non solo: è stata umiliata, insultata e picchiata dal marito, che la riempiva di schiaffi al viso e alla testa, e le tirava i capelli. Ma è il suocero quello su cui ricadeva la responsabilità di aver tentato, nei confronti della nuora che al tempo in cui si sono svolti i fatti era incinta, la violenza sessuale. Accusandola di essere una poco di buono, nel maggio del 2020, le si è avvicinato baciandola più volte. in un’altra occasione, l’ha trascinata in camera e buttata sul letto matrimoniale. Poi, dopo averla bloccata, ha iniziato a toccarla, provando anche a toglierle i vestiti di dosso. Almeno questo è quanto aveva raccontato la giovane.
LA SENTENZA
Per gli avvocati Garbo e Lucchese si è trattato in realtà di incomprensioni nell’ambito di una vicenda familiare complessa. Per provare l’innocenza dei propri assistiti, i legali, facendo leva sulle contraddizioni della donna in sede di testimonianza davanti ai giudici, hanno anche prodotto le conversazioni via cellulare che la 20enne aveva avuto sia con il marito che con il suocero. E i messaggi hanno lasciato intendere che i rapporti fossero diversi da quelli rappresentati in sede di denuncia. Motivo per cui i giudici hanno pronunciato una sentenza di assoluzione.
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