Sesso con la figlia 17enne del collega: «Non ci fu costrizione o violenza». Assolto

Venerdì 17 Febbraio 2023 di Giuliano Pavan
Il rapporto era consenziente: per i giudici non c'è reato
TREVISO - Non c’è stata alcuna costrizione o violenza in quel rapporto avuto con un amico del padre, 35 anni più vecchio di lei. Il collegio del tribunale di Treviso ha infatti assolto con formula piena, perché non è stato commesso il fatto, un uomo di 53 anni, trascinato in aula per rispondere dell’accusa di violenza sessuale su minore da una ragazza che all’epoca dei fatti, avvenuti in un’abitazione di Casier, aveva 17 anni. È stato lo stesso pubblico ministero, Mara Giovanna De Donà, a chiedere alla corte una sentenza di assoluzione in quanto, in base alle risultanze delle indagini e poi del dibattimento, è stato provato che la giovane non aveva subito violenza. Anzi, che quel rapporto, in realtà, era consenziente e frutto di un rapporto tra i due che si trascinava, almeno platonicamente, da mesi.

I fatti contestati risalivano al primo maggio 2017. Il 53enne, che veniva spesso ospitato dal padre della vittima a casa sua, quel giorno ebbe un rapporto orale con la vittima. A processo è emerso che lei, seppur giovane, aveva già avuto rapporti sessuali con altri ragazzi e anche uomini. E che quel giorno, per sua stessa ammissione in aula, aveva «fatto finta che si trattasse del suo ex ragazzo», non sottraendosi alle avances del 53enne.
La denuncia venne sporta molto più tardi: prima il 6 marzo 2018 dai suoi genitori, poi una seconda da lei il 4 aprile 2018. Frutto di un colloquio con una psicologa a cui si era rivolta perché incapace di avere rapporti con l’allora suo fidanzato perché si vergognava. Il percorso terapeutico aveva dunque portato a galla quello che era accaduto quel giorno a casa del padre, in cui la giovane improvvisamente non voleva più recarsi per non incontrare il 53enne. 

Sentita dagli inquirenti, la 17enne ha ricostruito i momenti di quella che aveva definito come violenza. Le indagini successive hanno stabilito che tra lei e il 53enne c’era da tempo (quasi 3 anni) un rapporto di scambio di messaggi e foto, fatto anche di parole sessualmente esplicite. Messaggi che sono continuati anche dopo quel rapporto orale al centro del processo, in cui lei sosteneva di aver apprezzato. «Ho detto che mi era piaciuto per timore di mettere nei guai mio padre» aveva detto in aula. Ma la versione non aveva convinto il pm nemmeno in fase di indagine, tanto che per due volte aveva chiesto l’archiviazione del caso. A cui la parte offesa si era opposta spingendo il gup all’imputazione coatta del 53enne, difeso dagli avvocati Pierantonio Menapace e Roberta Spinacè. Ieri la sentenza che ha scagionato l’imputato dalle accuse.
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