Adescato con una chat. Ma niente sesso nel casolare di Vedelago, il 50enne è caduto in trappola: «Ho temuto di morire»

Mercoledì 22 Febbraio 2023 di Maria Elena Pattaro
Adescato con una chat. Ma niente sesso nel casolare di Vedelago

VEDELAGO (TREVISO) - «Avevo paura che mi ammazzassero. Ho temuto il peggio». Il 50enne trevigiano ha ancora davanti agli occhi quella mezz'ora di puro terrore in cui è rimasto in balìa dei suoi tre aguzzini. Era talmente terrorizzato che quando i carabinieri in borghese hanno fatto irruzione nel casolare la prima cosa che ha pensato, tremando, è che fossero altri malviventi, arrivati per finirlo. «Pensavo di morire» ha raccontato ai militari che lo hanno strappato alle grinfie dei suoi sequestratori e affidato alle cure dei sanitari. Ora l'impiegato è a casa: è stato dimesso dall'ospedale con 30 giorni di prognosi per i traumi subìti. Ma la ferita peggiore rimane quella psicologica. Impossibile dimenticare una trappola che ha rischiato di essergli letale.

La sua fortuna è stata che i carabinieri, quel pomeriggio, erano al posto giusto nel momento giusto.

Avevano gli occhi puntati sull'edificio in costruzione già da qualche giorno perché qualcuno aveva segnalato un via vai sospetto legato a possibili attività illecite, all'insaputa del proprietario, che è risultato del tutto estraneo ai fatti. Col senno di poi si trattava probabilmente dei "preparativi" per l'agguato che la banda stava architettando. Il posto, peraltro, non è nemmeno così defilato: circondato da campi, sì, ma a due passi dalla casa di riposo e affacciato su via Marconi. Un cantiere abbandonato da anni: una casa mai completata a cui è facile accedere visto che l'area non è ben recintata e mancano porte e finestre. Il terzetto lo ha individuato come il luogo ideale in cui attuare il piano diabolico.

Il tranello sui social: «Abbiamo messaggiato, poi ho deciso di vederlo»

«Ho conosciuto un ragazzo su una piattaforma social - ha raccontato il 50enne agli inquirenti -. Abbiamo scambiato diversi messaggi e poi ho accettato di incontrarlo». È stata la banda a dettare le condizioni, scegliendo il posto e l'orario dell'appuntamento in modo da pianificare l'agguato. L'impiegato non aveva il minimo sospetto della trappola pronta a scattare. All'orario concordato si è presentato all'appuntamento. Ha lasciato la macchina in un parcheggio e da lì ha seguito uno dei tre ragazzi nel casolare. Altro che sesso: una volta all'interno è stato travolto da una violenza brutale. In un istante si è reso conto di essere uno contro tre. E quei tre erano armati di coltelli (con 8 e 9 centimetri di lama) e di un taser. Impossibile difendersi. I malviventi lo hanno stordito con delle scariche elettriche, immobilizzato a terra e riempito di botte per farsi consegnare tutto quello che aveva. Il 50enne si è ritrovato con polsi e caviglie legati con il nastro adesivo. E con una striscia di scotch sulla bocca, che rischiava di soffocarlo. Non solo: uno degli aguzzini era seduto sopra di lui in modo da impedirgli qualsiasi movimento. L'incubo è durato mezz'ora, fino a quando il blitz provvidenziale dei carabinieri ha messo fine al terrore e gli ha restituito la libertà.

Comunità sconvolta

La notizia del sequestro ha sconvolto l'intera Marca e in particolare la comunità di Vedelago, dove abita uno degli aguzzini. «È una notizia che ci fa rabbrividire - commenta la sindaca Cristina Andretta -. Siamo attoniti. Ringrazio le forze dell'ordine per essere riuscite a intervenire, ora lasciamo che sia l'autorità giudiziaria a fare chiarezza. La cosa che più fa specie è che siano coinvolti dei giovanissimi e anche un minorenne: questo dovrebbe farci riflettere, come adulti e amministratori». A maggior ragione visto che i tre ragazzi provengono da famiglie ben inserite nella società. Eppure dietro quest'apparente normalità i giovani hanno covato un disagio crescente, sfociato nel gravissimo episodio di sabato. Che potrebbe non essere l'unico.

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Ultimo aggiornamento: 12:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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