TREVISO - L’importante era che venisse accertata la responsabilità. Lo hanno detto i pubblici ministeri Massimo De Bortoli e Gabriella Cama, e lo hanno ripetuto in coro gli avvocati delle parti civili. Ma la sensazione, anzi la certezza, è che «questa condanna non restituirà un centesimo a nessuno». Parola dell’avvocato Luigi Fadalti, che da solo rappresentava 292 azionisti e risparmiatori che dopo il crac di Veneto Banca hanno perso tutto, o quasi. Quei 221 milioni di euro di confisca disposta dal tribunale di Treviso ai danni di Vincenzo Consoli, condannato a 4 anni per falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza bancaria, significano poco o nulla dal punto di vista di una possibile aggressione al patrimonio dell’ex amministratore delegato ed ex direttore generale di Veneto Banca. «Chissà se ci sono o non ci sono quei soldi, e se ci fossero bisognerebbe trovarli - continua l’avvocato Fadalti - Le speranze sono in ogni caso pari a zero».
LA STRATEGIA
Il pronunciamento del tribunale di Treviso ha però un’altra funzione fondamentale: rimettere in corsa altre prospettive di indennizzo.
LA BATTAGLIA
All’udienza preliminare di sabato prossimo si costituiranno parte civile (cosa che non è stata fatta nel processo contro Consoli) anche i cosiddetti “piccoli risparmiatori”, che saranno rappresentati dall’avvocato Sergio Calvetti. «Questa condanna segna un punto importante per quanto riguarda la giustizia - afferma Calvetti - I prossimi procedimenti porteranno di conseguenza delle prove interne istruttorie anche contro la società di revisione PriceWaterHouse Coopers che apriranno un’altra strada». I passi sono già segnati. I risparmiatori andranno a battere cassa proprio alla Pwc, ma non solo. «Un altro bersaglio sarà Intesa San Paolo - continua l’avvocato Calvetti - Sarà promossa un’azione residuale per arricchimento senza giusta causa. L’istituto, con il decreto del giugno 2017, è stato inibito dal rispondere dei debiti delle ex popolari, ma con i numeri che verranno fuori nei processi si vedrà che la vendita è stata sottostimata di circa 500 milioni. Soldi che torneranno ai risparmiatori. Già dal primo semestre 2017 è emerso infatti un aumento di fatturato e di utile, specialmente in Veneto, da parte di Intesa San Paolo che dovrà determinare una comparazione economica tra la differenza del valore di cessione e il valore reale». Se dal Fir si è potuto rientrare del 30% delle somme perdute, l’obiettivo è di recuperare un altro 30% dalla Pwc e tra il 15% e il 20% da Intesa San Paolo. «E poi chiederemo la messa in liquidazione della Pwc - chiude Calvetti - È uno scandalo che continui a danneggiare i piccoli azionisti di banche e di società».