Veneto Banca, Vincenzo Consoli: «Ora voglio raccontare la mia verità»

Sabato 11 Gennaio 2020 di Giuliano Pavan
Veneto Banca, Vincenzo Consoli: «Ora voglio raccontare la mia verità»
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TREVISO «Voglio raccontare finalmente la mia verità. Andrò dal pubblico ministero per spiegare realmente come stanno le cose». Ad affermarlo quello che per la Procura di Treviso è il dominus della presunta truffa milionaria di Veneto Banca ai danni dei clienti, l'ex amministratore delegato ed ex direttore generale Vincenzo Consoli. Il suo legale, l'avvocato Ermenegildo Costabile, ha infatti confermato la volontà dell'indagato numero uno di chiarire una volta per tutte la propria posizione. Un interrogatorio che dovrebbe svolgersi entro fine gennaio, non appena verranno analizzate nel dettaglio le 86 pagine che compongono l'avviso di chiusura indagini inviato dai sostituti procuratori Massimo De Bortoli e Gabriella Cama, i due magistrati del pool investigativo per lo scandalo Veneto Banca, a Consoli e ad altri cinque manager dell'istituto di credito per l'ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata.

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LE CONTESTAZIONI
«È un'accusa assurda - afferma l'avvocato Costabile - Vincenzo Consoli è la prima vittima avendo perso milioni di euro con il crollo delle azioni di Veneto Banca. Le contestazioni, soprattutto quella di associazione per delinquere, sono stupidaggini colossali, sia dal punto di vista giuridico che processuale». Il legale di Consoli in altre parole stronca l'impianto messo in piedi dalla Procura di Treviso, ideato «per trovare per forza un colpevole. Che le azioni e le obbligazioni a un certo punto non valessero più nulla è un fatto oggettivo. Ma non c'è stata alcuna truffa: la colpa è di una crisi di mercato conclamata e di una gestione sbagliata della situazione». Ricostruzione a cui gli inquirenti non credono. Anzi, definiscono Consoli come promotore e capo dell'associazione a delinquere che utilizzò la struttura organizzativa di Veneto Banca per asservirla alle finalità illecite del sodalizio criminoso.

LA PROCURA
In base agli elementi raccolti finora, gli inquirenti hanno dunque pochi dubbi. «L'unico che potrebbe spiegare davvero come sono andate le cose è Vincenzo Consoli - ha affermato il pm Massimo De Bortoli -. E assieme a lui anche gli altri indagati in questo filone d'inchiesta». L'interrogatorio annunciato dall'avvocato Costabile sembra quasi spiazzare gli inquirenti, che speravano potesse accadere ma forse non se l'aspettavano. E a questo punto si gioca un'altra partita: «Come mai nel caso analogo della Banca Popolare di Vicenza l'ipotesi di truffa è stata archiviata? - si chiede l'avvocato Costabile - La fattispecie di reato, se mai si fosse verificata, si consumerebbe al momento della vendita delle azioni e non come viene configurato dalla Procura, ovvero al momento dell'insolvenza. Lo dice il procuratore generale di Roma, non l'avvocato Costabile». Su questo punto si basa gran parte della linea difensiva, almeno per ora, di Vincenzo Consoli il quale, per affermazione del suo legale, avrebbe compiuto l'ultimo acquisto di azioni di Veneto Banca tra il 2014 e il 2015. Segno dunque che anche l'ex direttore generale era convinto della buona riuscita dell'operazione.

LA DIFESA
Aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza bancaria, bancarotta fraudolenta e ora associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata. Accuse che, nel caso in cui dovessero essere tutte confermate in tribunale, potrebbero portare, secondo il pm De Bortoli, a una condanna complessiva anche di 12 anni di reclusione ai danni di Consoli. Ipotesi che la difesa considera fantascienza. «Manca una reale valutazione di quanto accaduto - continua l'avvocato Costabile -. Non c'è alcun movente truffaldino nei comportamenti di Consoli e dei vertici dell'istituto di credito, ma la volontà di premiare gli azionisti storici grazie all'aumento del valore delle azioni. Valore stabilito da esperti esterni e indipendenti e da una serie di analisi di organismi di controllo e revisione. La ricostruzione fatta dalla Procura di Treviso non è fondata. Il presupposto della truffa, che qui non c'è mai stata, al massimo si verifica al momento del profitto della banca e non del danno all'investitore».
Giuliano Pavan

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