Veneto Banca, Consoli ritrova il tesoro: dissequestrata la villa a Vicenza, quadri, mobili, titoli

Martedì 11 Agosto 2020 di Mattia Zanardo
Veneto Banca, Consoli ritrova il tesoro: dissequestrata la villa a Vicenza, quadri, mobili, titoli
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TREVISO La storica villa con giardino in centro a Vicenza affacciata su Campo Marzio, una cinquantina tra quadri e mobili antichi, conti correnti e titoli azionari, per un valore complessivo di svariati milioni di euro. Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato di Veneto Banca, torna in possesso del suo patrimonio, sequestrato nell'ambito dell'inchiesta madre sul crac del gruppo bancario montebellunese. Ora però il Tribunale di Treviso ha concesso il dissequestro dei beni (una quarantina di milioni di euro). 

O meglio, lo sblocco è la conseguenza dell'archiviazione disposta su cinque capi di imputazione a carico dell'ex manager, come richiesto dalla stessa Procura del capoluogo della Marca. E poiché proprio quelle fattispecie avevano portato a porre i sigilli, il loro decadere determina anche la revoca del provvedimento relativo ricchezze personali dell'ex manager. 

I FATTI
Per ricostruire la vicenda, infatti, bisogna ritornare all'agosto del 2016, quando, su ordine della Procura di Roma, lo stesso Consoli era finito agli arresti domiciliari per sei mesi e la Guardia di finanza aveva posto sotto sequestro le sue proprietà: l'ottocentesca dimora di Palazzo Anti Veronese, nel cuore della città berica (solo questo valutato due milioni di euro) e il suo contenuto in arredi e opere d'arte di pregio, nonché la liquidità presente in conti correnti e i titoli intestati all'ex capo azienda e alla moglie. Il filone principale dell'inchiesta sul dissesto dell'ex banca popolare trevigiana, però, era poi passato per competenza dalla capitale a Treviso. 

IL CAMBIO
Il pm Massimo De Bortoli aveva riformulato l'impostazione avviata dai colleghi romani: alle accuse per ostacolo alla vigilanza e aggiotaggio, aveva aggiunto anche il falso in prospetto, ma aveva cancellato cinque degli otto capi di imputazione previsti in origine. Questo aveva determinato l'uscita dal procedimento delle posizioni di una serie di alti dirigenti e componenti del collegio sindacale del gruppo montebellunese. 

LA MOTIVAZIONE
L'unico rinvio a giudizio aveva dunque riguardato proprio Consoli. Anche nei suoi confronti, tuttavia, per un numero di contestazioni ridotto. La motivazione, in estrema sintesi, risiedeva nel fatto che gli importi delle operazioni sotto osservazione (in particolare delle cosiddette baciate, ovvero l'acquisto di azioni dell'istituto, finanziato dalla banca stessa) come accertato anche da una perizia affidata a Gaetano Parisi, esperto di Bankitalia, erano troppo limitati per avere un effettivo impatto sui due miliardi di patrimonio di vigilanza, rendendo non sostenibili le accuse di ostacolo agli organi di vigilanza. 
In un primo momento, il gip ha respinto le conclusioni relative a Consoli, prescrivendo ulteriori accertamenti. 

Ora, però, il giudice Marco Biagetti ha accolto la tesi del pubblico ministero e dell'avvocato Ermenegildo Costabile, difensore dell'ex amministratore delegato, stabilendo l'archiviazione anche per Consoli dei punti in questione.

Il manager al vertice operativo di Veneto Banca per un quarto di secolo, dovrà rispondere degli altri tre capi di imputazione rimasti in piedi: dopo il rinvio dovuto all'emergenza Covid, l'udienza è stata fissata per il prossimo ottobre. Nei suoi confronti, inoltre, pendono anche altre inchieste per bancarotta e associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Intanto, però, può tornare a disporre liberamente dei suoi beni. 
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