Crac Veneto Banca, nuovo processo per truffa: Consoli torna alla sbarra, 1800 i danneggiati

Domenica 13 Febbraio 2022 di Giuliano Pavan
Vincenzo Consoli condannato a 4 anni per il crac di Veneto Banca

TREVISO - Dopo otto giorni dalla condanna a 4 anni di reclusione (con la confisca di beni per 221 milioni di euro e una lunga serie di provvisionali a titolo di risarcimento danni per altri 12, ndr) comminata dal tribunale di Treviso a Vincenzo Consoli, è già tempo di scrivere un altro capitolo relativo al crac di Veneto Banca. Ieri mattina, 12 febbraio, tra l’aula II e l’assise del palazzo di giustizia di via Verdi, si è aperta l’udienza preliminare per l’ipotesi accusatoria di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata. Gli imputati (tutti assenti) sono 5: oltre all’ex amministratore delegato e direttore generale di Veneto Banca, sotto accusa ci sono l’ex condirettore generale ed ex responsabile dell’area commerciale Mosè Fagiani (difeso dall’avvocato Massimiliano Asdrubali), l’ex responsabile della direzione centrale pianificazione e controllo Renato Merlo (difeso dall’avvocato Alberto Mascotto), il suo successore Giuseppe Cais (difeso dall’avvocato Giuseppe Pugliese), e l’ex direttore del settore Capital management Andrea Zanatta (difeso dall’avvocato Boris Cagnin).

Si è trattato di un’udienza tecnica, davanti al gup Piera de Stefani, per presentare le costituzioni di parte civile: 1.800 quelle già depositate (il solo avvocato Sergio Calvetti rappresenta 1.570 presunti truffati), le rimanenti finiranno sul tavolo del giudice sabato prossimo. Già fissate altre quattro udienze dedicate alle questioni preliminari e, in caso, alla discussione: 5, 14, 21 e 26 marzo. 

LE ACCUSE
Nella richiesta di rinvio a giudizio di Consoli e degli altri 4 manager di Veneto Banca, l’ipotesi accusatoria è descritta nel dettaglio, con tanto di 131 pagine in cui compare la lunghissima lista delle persone offese. I pubblici ministeri Massimo De Bortoli e Gabriella Cama ipotizzano che Consoli, Fagiani, Merlo, Cais e Zanatta «promuovevano, costituivano e organizzavano o, comunque, partecipavano a un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione, mediante induzione in errore del personale dipendente di Veneto Banca S.c.p.a, Banca Apulia S.p.A. e altre società del gruppo Veneto Banca, di una serie indeterminata di delitti di truffa aggravata concernenti la vendita, a condizioni inique, nei confronti dei clienti e potenziali clienti, di titoli azionari e obbligazionari avvalendosi della struttura organizzativa delle società, che veniva di fatto asservita alle finalità illecite perseguite dagli aderenti al sodalizio criminoso».

IL DOMINUS
Come per il processo per falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza bancaria, conclusosi con una sentenza di condanna in primo grado, anche per questo filone d’indagine Vincenzo Consoli viene descritto il promotore dell’associazione a delinquere. «Avvalendosi dei suoi poteri di incontrastato ed effettivo dominus della banca - scrivono i magistrati - assumeva ogni decisione in merito alla determinazione del prezzo dell’azione Veneto Banca e influiva illecitamente sulle decisioni del Cda e dell’assemblea dei soci, presentando personalmente i piani strategici dell’azienda e le proposte per il prezzo delle azioni».

I RUOLI
Se Consoli sapeva e decideva tutto, gli altri quattro manager non hanno fatto nulla perché questo non accadesse. Le responsabilità ipotizzate dalla Procura di Treviso sono chiare, e divise per ruolo di competenza. Ma la sintesi è la medesima: sapevano che la banca «si trovava in una situazione patrimoniale e finanziaria assai critica». Partendo da questo presupposto «inducevano i componenti del Cda e l’assemblea dei soci, a mantenere costantemente ed eccessivamente elevato il prezzo unitario delle azioni, favorivano il mantenimento dell’effettivo e assoluto potere direttivo concentrato essenzialmente nella persona di Vincenzo Consoli, adottavano modalità gestionali atte a dissimulare lo stato di difficoltà finanziaria della banca e impartivano pressanti disposizioni al personale dipendente dirette a incoraggiare la vendita di titoli azionari». Il tutto a danno, ovviamente, dei clienti.
 

Ultimo aggiornamento: 17:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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