Zaia e Di Rocco: «Il velodromo non sarà una cattedrale nel deserto»

Sabato 27 Luglio 2019 di Tina Ruggero
Una veduta dello stato di avanzamento dei lavori nel velodromo di Spresiano
SPRESIANO (TREVISO) - «Non siamo abituati ad avere cattedrali nel deserto e siamo la Regione più ciclistica d’Italia per numero di praticanti. Per questi motivi è fondamentale che il velodromo non resti una incompiuta, cosa inconcepibile per il nostro modo di pensare e di agire. Confidiamo nell’azione di Di Rocco e del Governo affinché la questione si sblocchi quanto prima, indipendentemente dall’esito che avranno le questioni aziendali. Un velodromo che già viene da una storia travagliata non può trasformarsi in una agonia». E’ questa la reazione di Luca Zaia, il governatore del Veneto che solo 10 mesi fa aveva “benedetto” la posa della prima pietra del nuovo velodromo di Spresiano, alla presenza del presidente del Coni, Giovanni Malagò e del sottosegretario con delega allo sport Giorgetti, alla notizia dello stop dei lavori per la realizzazione del velodromo coperto a Lovadina per la crisi finanziaria della Pessina Costruzioni entrata in concordato che si era aggiudicata i lavori vincendo il bando della Federazione Ciclistica Italiana.
 

«Dobbiamo solo attendere la nomina del commissario per il concordato continuativo - spiega Renato Di Rocco, presidente della Federazione Ciclistica Italiana-. Una doccia fredda in una situazione che era ormai avviata ad una felicissima conclusione. Dobbiamo capire cosa deciderà il giudice del concordato anche perché la Pessina ha una esposizione di quasi 900 milioni di euro e il problema sta pare nell’ospedale di La Spezia. Non credo che un’azienda così importante possa arrivare al fallimento. Anzi. Dobbiamo capire se saremo costretti a organizzare una nuova stazione appaltante per continuare i lavori o attendere qualche mese che venga sbrogliata la matassa. Nel frattempo abbiamo le mani legate. Non dipende dalla nostra volontà. Che anzi è quella di proseguire i lavori con la Pessina Costruzioni. E’ questione di qualche giorno al massimo una settimana per indirizzare poi le nostre azioni successive». La Federciclismo si ritrova con un velodromo, quello dei Montichiari, utilizzabile solo per gli allenamenti, in ristrutturazione e uno nuovo, quello di Lovadina fermo a metà dell’opera: «Non è una situazione piacevole. Anche perché le premesse c’erano tutte affinché nella primavera del 2020 potessimo inaugurare il velodromo che l’Italia attende da decenni e perché era stato fatto il sopralluogo dei lavori soltanto un paio di mesi fa. In questi giorni si doveva sistemare la copertura». Quindi priorità a Montichiari? «Al momento si, per forza. Nei prossimi giorni ci saranno dei sopralluoghi dei tecnici federali. Ci sono da rifinire le coperture perché i teloni gocciolano ancora e se dovesse piovere dovremmo attendere ancora qualche settimana. Insomma diciamo che per fine settembre dovrebbe essere tutto a posto.Si ricomincia l’attività federale in pista al coperto per l’inverno. Attività assolutamente da tutelare in vista della preparazione per le Olimpiadi di Tokyo 2020 e delle medaglie da difendere». Tanti gli attestati di solidarietà al mondo delle due ruote affinché venga sistemata al più presto la situazione del velodromo trevigiano. Ma c’è anche chi vuole vederci chiaro: «Come è possibile che dopo appena un anno l’impresa vincitrice dell’appalto si dichiari in crisi finanziaria? O non si è vigilato in questi mesi o a suo tempo si è chiuso qualche occhio pur di assegnare il lavoro a quell’impresa», sostiene Simone Scarabel, consigliere regionale dei Cinque Stelle.
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