Dall'evasione fiscale all'estorsione, la fine dei Velo: padre e figlia condannati a sette anni e mezzo

Mercoledì 16 Novembre 2022 di Giuliano Pavan
Loretta Velo condannata a sette anni e mezzo di reclusione
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ALTIVOLE - Sette anni e mezzo di reclusione per Antonio Velo, 85enne di Montebelluna, e per la figlia Loretta. Cinque anni, invece, per Luca Bacchiega, 51enne di origini torinesi. È la sentenza inflitta ieri pomeriggio, 15 novembre, dai giudici del tribunale di Treviso, che hanno addirittura aumentato la pena rispetto alle richieste di condanna formulate dal pubblico ministero Davide Romanelli (sei anni e sei mesi per Antonio e Loretta Velo, tre anni e due mesi per Luca Bacchiega).

La corte ha anche condannato gli imputati a risarcire la parte civile, con la quantificazione del danno da stabilire in separata sede, con una provvisionale di 7mila euro. «Una sentenza che rispetto - ha affermato l'avvocato Francesco Murgia, legale dei Velo - ma che non è stata capace di leggere la realtà degli avvenimenti». Motivo per cui il legale, in attesa delle motivazioni che verranno depositate tra 90 giorni, ha già annunciato ricorso in appello.

LA VICENDA
La vicenda prende il via, secondo la Procura, da un giro di fatture false per 26 milioni di euro e falsi contratti per 6 milioni e mezzo. Una truffa milionaria, risalente al 2014, ai danni di società di leasing. I tre imputati erano infatti accusati a vario titolo di reati fiscali, frode e truffa. Ma anche di tentata estorsione ai danni di Marco Rossini, ex marito di Loretta. Stando alla ricostruzione della Procura, i due imprenditori avevano assoldato il torinese Bacchiega per rientrare in possesso dei 2,8 milioni di euro che Rossini aveva incassato dalle società di leasing e che, però, si sarebbe trattenuto. Per convincerlo a restituire la somma, Bacchiega non sarebbe andato per il sottile, minacciandolo di ritorsioni fisiche nonché di azioni dimostrative eclatanti che ne avrebbero rovinato la reputazione.

IL PREGRESSO
Nel 2011, sotto minaccia, Rossini sarebbe quindi stato costretto a firmare 16 assegni postdatati per oltre 1,5 milioni di euro e ad acquistare un macchinario fantasma per 600mila. Al punto che la Cm Industry, di cui era titolare, era finita in bancarotta. Dopo aver chiuso i conti con la giustizia rimediando una condanna a 3 anni e 4 mesi per frode fiscale, bancarotta e truffa, l'ex manager si era costituito parte civile a processo, confermando le accuse mosse ai Velo e a Bacchiega dalla Procura di Treviso. Per la Procura, gli ex vertici della Velo hanno prima sopravvalutato macchinari di scarso valore e poi ceduti a società di leasing e infine riacquistati con erogazione di finanziamenti. Una tecnica che, dal 2009 al 2012, avrebbe portato alla Velo un guadagno netto di 5,2 milioni di euro. Dall'indagine della Guardia di Finanza sarebbe poi emerso che Rossini, dopo essersi dimesso dal ruolo di amministratore delegato, sarebbe stato vittima di un tentativo di estorsione. La faida famigliare legata al recupero della somma si era inasprita a tal punto che i Velo sarebbero arrivati ad assoldare ex componenti della nuova mala del Brenta commissionare un assalto nella villetta della madre di Rossini, convinti che l'uomo avesse nascosto nella cassaforte dei genitori la somma a loro dovuta. Nel 2020 il tribunale di Rovigo aveva inflitto una condanna ai Velo per tentato furto e tentata rapina a 3 anni e 8 mesi ciascuno per tentata rapina e tentato furto. Secondo i giudici rodigini infatti c'erano padre e figlia dietro gli assalti nella casa di Fenil del Turco, frazione di Rovigo, in cui abitava la madre dell'ex manager. Almeno quattro i tentativi, tutti falliti, organizzati tra fine marzo e inizio aprile 2014.
 

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