Ogni cinque tamponi positivi, uno intercetta la variante inglese. Secondo i riscontri ottenuti dalle Microbiologie delle varie Ulss provinciali, i dati del Veneto rispecchiano l'andamento nazionale, fotografato nei giorni scorsi dall'indagine promossa dall'Istituto superiore di sanità.
I TERRITORI
Una realtà con cui i territori hanno dovuto cominciare a confrontarsi. Già a gennaio nel reparto di Malattie Infettive dell'Azienda ospedaliera di Padova erano stati segnalati dieci casi di variante inglese fra i ricoverati. Negli ultimi giorni in provincia di Treviso ne sono stati individuati poco più di trenta e un paio di questi sono relativi a degenti appartenenti a focolai familiari. È invece scolastico il cluster identificato nel Veneziano: si tratta di sette alunni e di una maestra della scuola elementare di Malcontenta, tutti asintomatici a parte il caso primario che aveva fatto scattare l'indagine epidemiologica, per cui il plesso resterà chiuso fino a mercoledì. Anche nel Bellunese è confermata la media nazionale: il 20% dei campioni positivi presenta le caratteristiche del lineage B.1.1.7 .
I LIGNAGGI
Come ricorda l'Izsve, questo lignaggio «è stato identificato per la prima volta nel territorio italiano a dicembre» (nei laboratori di Legnaro la sera della vigilia di Natale). Si tratta di uno dei 15 che, a partire da novembre, sono stati trovati in Veneto: gruppi di genomi virali caratterizzati da una specifico serie di mutazioni. Indubbiamente quello più famoso, insieme alle varianti brasiliana (appena scovata a Padova) e sudafricana (non ancora rintracciata a Nordest), è appunto l'inglese, così chiamato perché scovato per la prima volta nel Regno Unito a cominciare da settembre. Questa stringa genetica è stata riscontrata in 17 dei 98 campioni veneti prelevati nelle ultime settimane, i quali portano a 154 i tamponi raccolti fin da giugno di cui è stato sequenziato il virus, numero evidentemente limitato rispetto alla quantità di casi positivi diffusi sul territorio. «Sequenziare il genoma di un virus spiega lo Zooprofilattico significa poter riconoscere l'emergere di varianti virali che possono modificare l'andamento e l'impatto dell'epidemia. Le mutazioni più interessanti sono a livello della proteina Spike del virus, data l'importanza che questa riveste per il legame con i recettori cellulari e perché verso di essa sono rivolti i principali anticorpi che danno la protezione verso l'infezione e le forme cliniche».
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