Vaccinati i primi mille over 80: "Basta vita da reclusi, finalmente rivedremo i nipotini"

Mercoledì 17 Febbraio 2021 di Mauro Favaro
La campagna vaccinale iniziata ieri per i primi mille over 80

TREVISO - «È la fine di un incubo. Ora possiamo tornare a baciare i nostri nipoti». C’è chi non vede l’ora di poter riabbracciare i nipoti, chi vuole riconquistare un po’ di normalità scacciando i timori, chi era titubante ma poi si è convinto, chi l’ha fatto per le persone che non ci sono più e chi ha deciso di non rinunciare a dare il proprio contributo affinché tutti possano finalmente mettersi la pandemia da coronavirus alle spalle. Sono diverse le motivazioni che ieri hanno spinto i primi ottantenni trevigiani a rispondere alla chiamata dell’Usl per il vaccino. Ma con un solo obiettivo: uscire dall’incubo Covid. La campagna per la popolazione è partita alle 8.30 con la convocazione di 1.108 cittadini nati nel 1941 tra il Bocciodromo di Villorba (669 persone) e il centro culturale di Riese (439). In totale se ne sono presentati 1.009. Il primo a vaccinarsi a Villorba è stato Mario Vivian, trevigiano di San Zeno: «Spero di essere il primo di una lunga serie – dice – l’anno scorso sono saltate tutte le uscite in montagna che avevamo programmato con gruppi di ragazzi disabili. Ci auguriamo che con il vaccino si possa riprendere quanto prima». Subito dopo è toccato alla prima donna: Carla Cavallin di Preganziol, per 35 anni commessa alla Standa nel centro di Treviso. «Non vedevo l’ora di vaccinarmi per poter tornare a vivere in modo un po’ più sicuro – sottolinea – all’inizio ero titubante. Poi però ho pensato che tanti l’hanno già fatto, senza problemi. Dobbiamo vaccinarci tutti perché altrimenti non ne usciamo più da questo virus». Il sogno è di riassaporare presto la libertà strozzata da lockdown e limitazioni varie. «Non ho avuto alcun dubbio – assicura Maria Marton di Marocco di Mogliano – solo con il vaccino si potrà tornare ad avere un po’ di libertà». 
MOGLIE E MARITO
Qualcuno si è presentato in coppia a Villorba, sempre seguendo le convocazioni dell’Usl. È il caso di Renato Longhin e Paola Costantini, marito e moglie di Monastier, lei nata in gennaio e lui all’inizio di marzo del 1941. Si sono vaccinati assieme. «Ce l’abbiamo fatta – esultano – siamo in lockdown praticamente da marzo: quasi sempre reclusi in casa. Adesso iniziamo a sentirci più sicuri. Non vediamo l’ora di poter tornare a baciare i nostri nipoti». Pochi minuti prima si era fatta avanti un’altra coppia proveniente da Maserada. Stavolta, però, niente doppio vaccino. Annamaria Carrer, nata nel 1942, ha accompagnato il marito Marcello Corracin, falegname in pensione. «Speriamo che arrivi presto anche il mio turno – dice Annamaria – ma sono contenta che intanto tocchi a mio marito. Siamo stati contagiati lo scorso dicembre: quasi senza sintomi, anche se a me è rimasto qualche piccolo disturbo. Il vaccino può essere la via d’uscita definitiva. Non abbiamo avuto tentennamenti». Così come non ne ha avuti Paola Pellizzaro: «Mi fido della scienza: sono contentissima. È vero che c’è sempre un minimo di rischio, ma a un certo punto bisogna fare la cosa più giusta per la collettività – specifica – i vaccini hanno già sconfitto altre malattie importanti». 
LA MISSIONARIA
Ieri si è vaccinato anche Paul, ottantenne originario dell’India che abita a Maserada. È stato accompagnato dalla nipote Amandeep, che lo aiuta con l’italiano.

E poi suor Raffaella della comunità delle francescane missionarie di Le Grazie di Preganziol. «Aspettavo il vaccino perché devo sottopormi a un intervento chirurgico. Altre sorelle lo stanno attendendo. Altre ancora, invece, hanno paura di possibili conseguenze – tira le fila – anch’io avevo qualche timore. Ma vedendo le persone che sono mancate mi sono convinta che non c’è davvero nulla di inventato, come qualcuno purtroppo dice. E così mi sono fatta avanti». 

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