Il crac bitcoin, broker e bancari "ingaggiati": un altro istituto di credito nella rete di vendita

Domenica 14 Maggio 2023 di Giuliano Pavan
Le indagini della Guardia di finanza si allargano

TREVISO - Che la New Financial Technology avesse una rete capillare di vendita è assodato. Che gli investimenti in criptovalute passassero anche attraverso consulenti finanziari, dipendenti di banca "ingaggiati" come agenti dalla società di Silea per piazzare agli investitori i prodotti di Nft, è il nuovo fronte su cui stanno lavorando gli inquirenti. Dopo la denuncia di una promotrice finanziaria 55enne di Pontedera, in provincia di Pisa, il cerchio si è allargato: nel mirino della Procura (ma anche della Consob per la revoca della licenza, ndr) è finito un 53enne miranese residente a Mestre che, oltre alla sua attività di consulente finanziario per un noto istituto di credito italiano, essendo abilitato per l'offerta fuori sede lavorava anche per la Nft attraverso una società di diritto rumeno.

GLI SVILUPPI
La denuncia a carico del 53enne è la seconda azione legale promossa dall'Afue, l'associazione vittime di truffe finanziarie presieduta da Daniele Pistolesi (con l'aiuto degli avvocati Enrico Conti e Michele Peretto), per l'ipotesi di reato di raccolta abusiva di denaro. Una procedura simile a quelle già avanzate nei confronti di alcune banche lituane, dove la Nft aveva radicato alcuni conti correnti per far confluire i soldi degli investitori (la maggior parte trevigiani, che sono saliti a 300, ma anche residenti nelle province di Venezia e Padova), e dei cosiddetti "exchange" (enti bancari online equiparati ai tradizionali istituti di credito), rei entrambi di essere stati negligenti riguardo l'osservanza delle normative antiriciclaggio.

Questo tipo di battaglia legale permetterà agli investitori truffati di chiedere il risarcimento dei danni non solo alla società di Silea ma alle banche che hanno perfezionato gli investimenti in criptovalute da promossi dai loro consulenti finanziari. Oltre alla Procura di Treviso, anche quella di Milano sta indagando su questo fronte: i consulenti, secondo l'accusa, utilizzavano la garanzia del loro status promotori abilitati, a cui va aggiunta quella dell'istituto di credito per cui operavano, per trarre in inganno i clienti promettendo interessi da capogiro (10% al mese).

IL RUOLO
Secondo l'Afue, il promotore finanziario mestrino (come la collega pisana) «ha collocato il prodotto finanziario Nft a centinaia di investitori» pur sapendo che «è una società abusiva, non abilitata alla raccolta di denaro», status di cui il 53enne era «ragionevolmente a conoscenza». L'investimento, di fatto, veniva spacciato come sicuro e regolamentato. «L'articolo 31 comma 3 del Tuf è granitico - afferma il presidente Daniele Pistolesi - Centinaia di investitori Nft hanno versato i loro denari credendo che il prodotto finanziario fosse garantito dall'ente bancario italiano per il quale il consulente finanziario lavora. Non è possibile che la banca non sapesse e ne deve rispondere in termini risarcitori. Il soggetto abilitato che conferisce l'incarico è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale».

L'ASTA
Nel frattempo anche la Procura di Treviso si è mossa per recuperare il denaro che la Nft ha fatto sparire (si ipotizza un raggiro da oltre 200 milioni di euro a danno di una platea di 6mila investitori). Sono state infatti messe all'asta le dieci auto sequestrate a Simone Rizzato, uno dei 38 indagati nell'inchiesta trevigiana e fratello di Simone, considerato assieme a Emanuele Giullini e Christian Visentin la mente della maxi truffa. Il parco macchine è costituito da una Porsche Carrera cabrio, un'Audi Q8 e una Mercedes GLE, solo per citare le più costose. Ma nei garage di Simone Rizzato c'erano anche una Bmw X5 da 88mila euro, una Bmw X3 da 64mila, un'Alfa Romeo Stelvio 59mila fino ad arrivare a una Volkswagen Passat, la più "economica" del pacchetto, che sul mercato vale poco meno di 19mila euro. La Procura punta a monetizzare almeno 600mila euro.
 

Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 09:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci