Imam ortodosso, nuove regole al centro islamico: velo anche per le bimbe

Sabato 30 Marzo 2019 di Laura Simeoni e Paolo Calia
Imam ortodosso, nuove regole al centro islamico: velo anche per le bimbe
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TREVISO - Adulti, bambini, donne: è indifferente. Ogni volta che si recano nel centro islamico sono sempre, rigorosamente, vestiti con abiti tradizionali: il velo, che lascia scoperto solo il volto, per le donne, bambine comprese; lunghi camicioni e il classico copricapo bianco per gli uomini, praticamente tutti con la barba lunga eccetto i giovanissimi. Ogni giorno si muovono per Santa Maria del Rovere, diretti al centro culturale islamico di viale Brigata Marca. Risiedono quasi tutti in zona, sono originari del Bangladesh e da mesi sollevano curiosità e qualche dubbio. Il centro islamico è noto da tempo, svolge un' attività culturale che non ha mai destato particolari problemi. Chi ci vive attorno non si è mai lamentato. Ma da qualche mese pare che le regole per frequentarlo siano cambiate, diventando estremamente rigide. A dirigerlo un Imam ortodosso, molto ligio al puntiglioso rispetto alle regole del proprio paese. E quindi, quando i bambini si recano a lezione dall'Imam, devono osservare precetti  molto chiari: indossare gli abiti della tradizione, procedere nettamente divisi tra femminucce e maschietti. Le bambine con il velo e la tunica devono stare rigorosamente davanti e distanti dai maschietti, vestiti anche loro secondo la tradizione coranica. Queste abitudini così rigide però non sono passate inosservate. Il centro islamico è stato segnalato alla Lega Islamica del Veneto, sodalizio che riunisce una ventina di associazioni tra Treviso, Venezia, Padova e Verona per un totale di oltre 3500 associati. 
LA CONDANNA«Costringere le bambine ad indossare abiti lunghi filo ai piedi, con la testa e il volto imbrigliato dai veli è un'assurdità, non è una pratica da buon musulmano». Non ha dubbi Tanji Bouchaib, imam di origine marocchina, presidente della Lega islamica del Veneto. «Il bambino è bambino: deve poter correre, giocare, divertirsi con gli altri bambini in libertà». Bouchaib, 59 anni da 30 in Italia, oggi vive a Portogruaro dove l'anno scorso ha ottenuto la cittadinanza italiana. A suo avviso più che di religione si tratta di tradizioni nazionali, con abitudini stratificate nel tempo, che hanno assunto connotati religiosi ma che in realtà distorcono i precetti del Corano. «Il mondo islamico è molto vasto e variegato con modi di vivere completamente diversi gli uni dagli altri», aggiunge Bouchaib. La stessa lingua araba viene parlata in maniera differente e sono talmente tanti i dialetti «che tra noi spesso non ci capiamo». Solo chi conosce l'arabo classico utilizza una pronuncia comprensibile. Lo stesso arabo parlato dai marocchini è diverso da quello egiziano, ad esempio: il primo risente della pronuncia francese il secondo delle consonanti più dure tipiche dell'inglese. Chi apre le vocali e chi non le fa neppure sentire. Il dialogo diventa dunque difficile anche all'interno dello stesso mondo islamico, tanto più se la comunità rimane richiusa al suo interno, come spesso accade per le genti migranti. 
DIRITTI«Noi lavoriamo per l'apertura e il rispetto dei diritti delle persone, anche e soprattutto di donne e bambini», precisa il presidente della Lega islamica che ha aderito alla campagna del nostro Governo contro la violenza sulle donne e prende le distante dal centro islamico trevigiano . «Maometto aveva posizioni illuminate nei confronti dell'universo femminile: deprecava l'uccisione delle primogenite praticata nella tradizione tribale, invitava a rispettare le donne, amava sopra ogni cosa le proprie figlie e prima di morire disse: Mi raccomando, le donne trattatele bene». E la questione del velo? «Va contestualizzata poiché risale ad un'epoca in cui le donne rischiavano violenze e soprusi da parte dei predoni del deserto e andavano velate per proteggerle. Il velo non è un obbligo e difatti moltissime donne musulmane non lo indossano. Diverso il caso delle festività religiose in cui indossare una abito tradizionale e velarsi viene considerato un atto di rispetto nei confronti della divinità, nell'Islam come in altre religioni». Resta quindi il timore per quello che sta accadendo in viale Brigata Marche. Al momento si tratta solo di rigidi precetti e non di diritti violati, ma Bouchaib invita a cercare in fretta le giuste soluzioni: «L'Islam è apertura, rispetto, semplicità - sostiene - per ovviare a situazioni degenerate come quella di Treviso l'unica strada possibile è quella di aprire centri culturali diversi, in accordo con i Comuni, di libero accesso, in cui si insegni l'arabo ai bambini ma anche la lingua e le leggi italiane agli immigrati». 
Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 10:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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