SANTA LUCIA - Ci sono 21 trevigiani fra i 58 indagati della maxi operazione “Via della Seta” condotta dalla guardia di finanza di Pordenone e dalla Dda di Trieste. Per 10 di loro –ritenuti partecipanti attivi del sodalizio criminale che in otto anni ha movimentato 308 milioni di euro con una girandola di fatture false per rivendere 150mila tonnellate di rifiuti ferrosi acquistate in nero– sono state richieste le misure cautelari, ma nessuno di loro è stato al momento arrestato. Quattro le società della Marca coinvolte nel giro criminale su cui sono stati operati i primi sequestri, a partire da una delle tre che nell’impostazione generale della frode ha fatto da capostipite insieme ad altre due ditte friulane: la Ecomet Srl di Santa Lucia di Piave. E sequestri sono stati disposti anche nei confronti della Soligon Spa di Santa Lucia, della Bielle Metalli Srl di Spresiano e della Veneta Metalli di San Fior.
IL MECCANISMO
Un patto con i cinesi ha consentito al gruppo di imprenditori friulani e veneti di trasferire 150 milioni in Cina fingendo di acquistare ferro e acciaio.
I SEQUESTRI
Finora sono stati recuperati 7 milioni in contanti e 60 immobili, ma il provvedimento di sequestro è un “cantiere” ancora in corso. Ammonta a 33,1 milioni la somma che secondo l’Antimafia va recuperata attraverso Cossarini, Donati e Palombi. A loro si aggiungono però altri imprenditori, tra cui Alberto Soligon di Santa Lucia, Alessandro Basso di San Fior, Alessandro e Matteo De Zan anche loro sanfioresi per i quali l’ipotesi di reato è l’associazione a delinquere e il traffico illecito di rifiuti ferrosi. Sono indagati anche cinque dipendenti dell’azienda di autotrasporti bellunese Pellizzari: l’impiegato Fabrizio Modolo e gli autisti Rudi Gaiotto, Roberto Vettorel, Lamberto Dal Pos e Andrea Segat; oltre a Valter Giacomin, autista della Bielle Metalli. Questi ultimi, lungi dall’essere tra i vertici organizzativi, sarebbero invece coloro che hanno guidato i camion negli oltre 7mila viaggi serviti per movimentare le merci. Si parla di 8,1 milioni evasi e da recuperare tramite sequestro di beni per la Soligon Spa e 3,2 milioni per la Bielle Metalli. Sigilli alla Ecomet, gestita dai friulani e utilizzata come fornitrice fittizia di rottami ferrosi, così da legalizzare gli scarti metallici acquistati da altri imprenditori in nero; ma anche alla Veneta Metalli e all’impresa di autotrasporto bellunese.