Orlando Beltramin e quel tesoro nascosto degli austriaci lungo la Strada postale dell'Impero

Giovedì 7 Gennaio 2021
Orlando Beltramin e quel tesoro nascosto degli austriaci lungo la Strada postale dell'Impero
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È scomparso in questi giorni uno dei personaggi più conosciuti nella Valle del Fadalto, Orlando Beltramin, testimone di antiche narrazioni e custode di leggende che si tramandavano da tempo. Tra verità e mito anche la vicenda del forziere abbandonato dagli austriaci lungo la Strada postale dell'Impero che cambiò le sorti di una intera famiglia di montanari del luogo.

Orlando Beltramin

Un forziere smarrito da una guarnigione di soldati austriaci, nascosto nel letame. E, al suo interno, tanto denaro, sufficiente a comprare una collina e a far nascere un piccolo borgo. Vien da sorridere, pensando alla lettura di un libro di avventure per ragazzi più che alla realtà. Ed invece pare proprio essere davvero accaduto, era quanto raccontava Orlando Beltramin nella sua casa di Fadalto, alle porte di Vittorio Veneto in provincia di Treviso.

Beltramin, memoria storica di antichi borghi ormai abbandonati, se ne è andato silenziosamente il 23 dicembre scorso e con lui tanti ricordi di una valle per secoli attraversata da mercanti, eserciti e imperatori.

Il tesoro perduto

Tutto nasce da una pasticceria di Oderzo, da qualche anno non più in attività. Nella vetrina, durante i periodi delle grandi festività veniva esposto un antico forziere, con le belle borchie di rinforzo, le cerniere e le serrature in ferro battuto. Al suo interno tanti dolciumi e cioccolatini che traboccavano per attirare l'attenzione dei passanti. I proprietari sono i discendenti dei Balbinot che fin dall'epoca napoleonica risiedono nelle borgate della Val Lapisina, in particolare a Pié di Fadalto. Poco distante, abitava Orlando Beltramin, anch'egli discendente dei Balbinot di ramo materno. Ignaro della presenza del forziere, amava ricordare una curiosa vicenda che, per ironia della sorte, si riferiva proprio ad esso. Durante l'occupazione austriaca, a metà Ottocento, le truppe erano solite attraversare le strade tortuose del Fadalto, che allora si chiamava Strada Postale dell'Impero, facendo sosta nelle numerose locande che funzionavano in valle. Un giorno a Pié di Fadalto si fermò una di queste guarnigioni di soldati che stava trasportando del denaro custodito in un forziere postale. Quando la marcia riprese, la cassaforte rimase dimenticata, chissà per qual motivo, forse un bicchiere di troppo. Ad accorgersene fu un lontano parente di Orlando Beltramin, Antonio Balbinot, che pensò bene di nasconderla nel letamaio della sua stalla. Attese qualche giorno e lontano da sguardi indiscreti ruppe i sigilli, scoprendo che era piena di monete d'oro. Con quella fortuna, Balbinot comperò alcuni terreni attorno a Fadalto, fino ad allora appartenuti a ricche famiglie di Vittorio Veneto come i Marson e i De Mori. La somma era talmente elevata che servì a costruire nuove case e così nacque Borgo Brigola. 


Una vicenda che profuma di leggenda, ma il fatto che tra gli anziani del luogo sia ancora vivo il ricordo di questo episodio e che esista realmente quel forziere austriaco a Oderzo in mano ai discendenti, sembra avvalorare questa vicenda sulle origini del borgo. Alcune indagini effettuate presso l'archivio di stato di Treviso nel 2014 hanno consentito di confermare che all'inizio dell'Ottocento in tale località c'erano solo delle stalle, mentre qualche decennio dopo appare il borgo, inizialmente detto Da Brigola, in tempi più recenti ribattezzato semplicemente Brigola. E Brigola era proprio il soprannome di Antonio Balbinot, riferito al coltellino che amava tenere sempre in tasca, la britola.

Chi era Beltramin

Orlando Beltramin era nato il 18 giugno 1938. Figlio di Alessandro Beltramin e Maria Balbinot del ramo dei Brigola, svolse il servizio militare come alpino del Battaglione Belluno e più tardi emigrò in Svizzera lavorando come carpentiere. Un grave incidente sul lavoro e la nostalgia per la sua terra lo indussero a rientrare a Fadalto, dove trascorse il resto della vita accanto alla moglie da cui ebbe tre figli. Proverbiale la sua infallibile memoria che gli consentiva di raccontare tante vicende, come quella del tesoro austriaco. Conosceva a menadito i nomi e i soprannomi non solo delle varie generazioni della sua famiglia, ma anche di tanti suoi compaesani e delle loro attività commerciali. Borgo Brigola è vicino alle Caloniche e Orlando conosceva benissimo la storia di quei piccoli nuclei abitati che un tempo venivano raggiunti non dall'attuale strada, ma da un impervio sentiero, il troi de la Zengia. Quasi tutti gli abitanti avevano il cognome Salvador e per distinguere le varie famiglie, si ricorse ai soprannomi, per cui a Caloniche di Sotto vivevano i Salvador detti Jazinti che si distinguevano dai Jacomón, dai Bèri, dai Zesarìn oppure dai Pòldi, mentre al borgo di sopra vi erano i Gargòri (più tardi italianizzati in Gregori), ma anche i Pellegrini, i Pasqualin, i Ciani, i Pisani ed i Troi. A Piè di Fadalto il cognome più diffuso era Balbinot e anche lì vi erano molti soprannomi. Borìch, Barbaro, Tonèi, Sàrmede, Gostìn, Longàna, Ròlt, Sartor, Barnàrdi, Svànega, Brigola erano tutti formalmente Balbinot.


Il ricordo

Orlando Beltramin era un uomo d'altri tempi, come i protagonisti di qualche libro di storia ingiallito dal tempo. Per niente facile da approcciare, complicato solo entrare nella sua cucinetta di Fadalto dovendo scavalcare gatti, cani e qualche pecora, quando però si trovava la giusta combinazione apriva lo scrigno dei suoi ricordi. «Andavo a far visita da Orlando alle scadenze degli interventi veterinari che spettavano ai suoi animali», racconta Antonio Miatto, sindaco di Vittorio Veneto. «I suoi racconti erano sempre interessanti anche perché perfettamente circostanziati, davvero una grande memoria. Credo che certi personaggi così non ne nasceranno più». Dello stesso avviso Giacomo Mognol, membro della Pro Loco Fadalto e del gruppo Alpini Val Lapisina. «Orlando, anche nella sua originalità e estrosità, è stato un personaggio d'altri tempi. Lo ricordo come massimo esperto del territorio fadaltino, mi ha riferito toponimi di sentieri e località che mai avevo sentito nominare e che puntualmente erano confermati nelle antiche mappe catastali. Fu precisissimo a fornirmi informazioni sul disastro aereo del Fadalto del 1967. Noi tutti lo ricordiamo con un pizzico di nostalgia, ogni giorno seduto in canottiera sul muretto sotto casa sua, sull'Alemagna a guardare le macchine che passavano. Una cartolina del mondo montanaro e contadino e del progresso della meccanizzazione fusi insieme. Un addio al duro ma bel passato».
Giovanni Carraro

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