Condanna per gli insulti alla maestra nel tema. L'insegnante: «Non è colpa del bimbo i genitori responsabili di quelle offese»

Martedì 12 Maggio 2020
Condanna per gli insulti alla maestra nel tema
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La maestra bersaglio di offese. Il tema in classe che diventa un ring. Con espressioni come si legge nella sentenza fortemente lesive dell'onorabilità dell'insegnante. La battaglia legale oggi è vinta, ma il disagio forte dell'esperienza vissuta dalla docente ancora no.

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Maestra quando ha capito che la misura era colma? 
«Voglio lasciare fuori da questa storia il bambino. Ma i genitori sono responsabili dei propri figli. Serviva un'azione chiarificatrice con la scuola. E invece non solo la famiglia non ha fatto nulla nei confronti del bambino, ma ha sempre rifiutato un incontro con me, con i docenti e la preside. Scegliendo piuttosto di continuare a sobillare il bambino. Spalleggiato dai genitori».
Una vicenda che poteva essere risolta in classe e invece si è vista costretta a finire in tribunale.

Perché?
«Il giudice stesso si è stupito. Poteva essere risolto tutto a scuola se solo si fossero resi disponibili al dialogo. Alla fine era la mia parola contro la loro. Per fortuna i colleghi e la scuola mi hanno sostenuta nella vicenda. Una collega ha infine testimoniato. E i genitori hanno sempre continuato a sottrarsi al confronto. Il preside non ha mai smesso di insistere per un confronto, un chiarimento tutti insieme».

Una scuola oggi sempre più disarmata di fronte agli attacchi dei genitori degli alunni?
«Noi insegnanti non abbiamo più strumenti. Veniamo lasciati spesso soli a noi stessi. E pure da soli dobbiamo affrontare le nostre battaglie, sul piano scolastico e giudiziario. La scuola non ha più armi. E le prime vittime siamo noi insegnanti. Dopo il loro ennesimo rifiuto con i genitori non sono mai riuscita ad avere un confronto faccia a faccia. Li ho visti solo in tribunale davanti al giudice».

Cosa significa per lei questa vittoria giudiziaria? 
Rappresenta una rivincita della mia dignità personale e professionale. A livello personale ho vissuto male la vicenda. Ero tentata persino a lasciar perdere. Poi ho capito che quello che era accaduto era grave. E sono andata avanti. La sentenza del giudice è la prova che avevo ragione. Questo riconoscimento è importante».
a.ven

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