Luise, "la tedesca" di Montebelluna che strappò tanti veneti dalle mani dei nazisti

Domenica 19 Agosto 2018 di Roberto Ortolan
Luise, "la tedesca" di Montebelluna che strappò tanti veneti dalle mani dei nazisti
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MONTEBELLUNA - A Montebelluna la chiamavano tutti la tedesca, ma lei Luise Wagger, moglie di Ferdinando Tessariol, si sentiva profondamente italiana, per aver sposato un italiano e aver dato alla luce tre figli italiani: Emilio, Antonio e Marilena. Era nata a Brunico il 23 aprile 1914, quando Bruneck era austriaca e lì aveva frequentato il liceo classico. Ma più che tedesca o italiana va ricordata come un'eroina. E da italiana, sfruttando la conoscenza del tedesco, seppe diventare l'avvocato dei montebellunesi più deboli sotto l'occupazione nazista. Un'eroina capace di strappare alle Ss del Terzo Reich alcuni cittadini destinati alla fucilazione o ai campi di sterminio.  Era di carattere schivo Luise Wagger, detta Luigina, morta il 4 giugno del 2004 a 90 anni. Non amava parlare di chi aveva salvato, mettendo a rischio la sua stessa vita, durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma alla sua morte qualcosa venne alla luce. E alla sua morte, l'allora sindaco Laura Puppato, venuta a conoscenza di quanto aveva fatto Luise, convocò e promise ai figli Marilena, Emilio e Antonio che sarebbe stato fatto qualcosa per ricordarla. L'intitolazione di una strada? Un'ipotesi che, quando Puppato lasciò il municipio, cadde nel dimenticatoio. La giunta leghista - filtra dalla famiglia - fece sentire anche testimoni oculari. Ma poi tutto restò fermo. Oggi si parla di un monumento a Little Tony, mentre la memoria di Luise rischia d'essere ancora dimenticata.
UN CUORE GRANDELuise, nell'agosto 1933, sposò Ferdinando. I due si stabilirono nel Principato di Monaco, dove nacque Emilio, morto nel 2014. Allo scoppiò della guerra rientrarono a Montebelluna. Mettere insieme il pasto con la cena era un'impresa. Ma Luise non si perse d'animo. E si mise al servizio dei concittadini, spesso chiamati a rispondere davanti agli ufficiali del Comando militare tedesco che si trovava a fianco dell'attuale Museo Civico. Per molti Luise era la tedesca, un nomignolo spesso con connotati negativi, ma lei non se ne curava. Sempre pronta a mostrare il petto davanti ai nazisti per difendere i concittadini anche in situazioni drammatiche, quando i tedeschi, per rappresaglia, pretendevano un tributo di sangue. «Potresti diventare la nostra interprete ufficiale», le ordinarono un giorno tre alti ufficiali tedeschi. Per Luise sarebbe stata l'agiatezza economica. Ma lei rifiutò. Non poteva farlo. Non avrebbe avuto il coraggio di guardare in faccia i tre figli. «Non posso - disse - ho tre figli da accudire. Non ho il tempo per farlo». Ma continuò a recarsi al comando per difendere chi ne aveva bisogno.
AMORE ODIOLuise la tedesca era conosciuta anche come la donna col fazzoletto bianco. Ne aveva sempre uno in mano e lo sventolava. Il nomignolo non esprimeva un giudizio positivo, ma erano in tante a volerle bene per quanto faceva, C'era però chi considerava una nemica perché tedesca. Ma nonostante ciò Luise continuava a fare l'avvocato dei montebellunesi contro i tedeschi. E accadde più volte. Con episodi tramandati e diventati storia, soprattutto quando ci furono azioni violente che scatenarono la reazione nazista e le rappresaglie. In un'occasione Luise riuscì a far liberare una trentina di persone che erano già state condotte nella sede del Comando tedesco dove avrebbero dovuto essere passate per le armi.
IL RASTRELLAMENTOIn un altra occasione i tedeschi, per rappresaglia contro un blitz dei partigiani, passarono casa per casa e portarono via tutti. Almeno 200 persone. Poi giunti in via Soster liberarono donne e bambini, trattenendo solo i capi famiglia. Erano destinati ai campi lager in Germania. E Luise corse a chiedere pietà al Comando nazista: «Non potete lasciare mogli, figli e famiglie senza sostentamento. Li condannate a morir di fame». Fece breccia nei nazisti anche per l'aiuto del prevosto Bortoletto. «Uccidete me - disse - ma non tutti questi capi famiglia». E cosi il don e Luise riuscirono a far cambiare idea ai militari e i sequestrati tornarono a casa.
IL MIRACOLOLa Seconda Guerra Mondiale stava per finire. E un giorno lungo via Trevignana (attuale via Guido Bergamo) dove abitava Luisa Wagger, un plotone di tedeschi stava salendo verso il centro. A precederli una staffetta che, con l'altoparlante, raccomandava calma, avvisando che i reparti erano in ritirata. Improvvisamente uno sparo lacerò l'aria. E fu il caos. Venne scoperto che la fucilata era partita dal solaio di Silvio Mazzariol. E subito i tedeschi catturarono il 18enne Paolo Polin per il quale, di fronte all'abitazione di Guido Sartor, venne preparato un cappio. Sembrava non ci fossero speranze. Solo un paio di settimane prima dieci montebellunesi vennero trucidati dai nazisti (a ricordarli c'è piazza X Martiri). Ma la tedesca non voleva veder scorrere altro sangue innocente. Luise si gettò quasi ai piedi dei nazisti, difese il vicino e lo giustificò, trovando dopo trenta minuti le parole giuste per impietosire l'ufficiale in comando. E Polin si salvò. In tanti resoconti dell'occupazione Luise è citata. Tanti testimoni ricordano il suo eroismo. Tante parole come le occasioni nelle quali Luise andò al Comando tedesco per difendere i montebellunesi. Ma lei, schiva, parlava di sé solo con figli e amici. «Solo una cosa - racconta chi a 14 anni dalla morte la ama ancora - le creò sempre tanta amarezza: essere consideratata la tedesca nonostante avesse tante volte messo a rischio la sua stessa vita anche per la salvezza di sconosciuti».
NESSUN L'OMAGGIONel 2004, ricordano Antonio e Marilena, l'allora sindaco Laura Puppato promise che avrebbe fatto qualcosa per ricordare nostra madre. Si parlò di intitolarle una strada. Poi il silenzio. E vorrebbe che quel nomignolo dal suono dispregiativo, tedesca che identificava Luise Wagger, potesse passare alla storia come esempio di eroismo disinteressato.
Ultimo aggiornamento: 20 Agosto, 12:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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