Superbonus e il maxi sequestro da 25 milioni: nel mirino Casa Zero. Chi sono gli indagati

Martedì 23 Maggio 2023 di Valeria Lipparini
Guardia di finanza

TREVISO - Sequestri per 25 milioni di crediti d'imposta e oltre 2 milioni fra somme di denaro, immobili e autovetture nella disponibilità di 5 dei 6 indagati di Gruppo Zero, braccio operativo di Casa Zero, con sede a Nervesa.

Il sequestro, disposto dalla Procura presso il Tribunale di Treviso, è stato eseguito dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Treviso, coordinati dal comandante Daniele La Gioia, nell'ambito di un'indagine sulle truffe relative ai crediti fiscali generati dai lavori edili che rientrano nel Superbonus 110%. Già nel mese di agosto del 2022 l'inchiesta aveva permesso di sequestrare, nei confronti del Consorzio, crediti fiscali per 7 milioni di euro e immobili per oltre 1,2 milioni di euro. Dopo i sequestri della scorsa estate, le indagini sono proseguite, anche sulla base delle denunce presentate da circa 300 clienti del consorzio, residenti in varie province del Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Piemonte, che si sono rivolti alla Guardia di Finanza per chiedere di procedere penalmente nei confronti di quanti si erano impegnati a realizzare importanti lavori edili che poi, in moltissimi casi, non avevano mai nemmeno iniziato.

I NUOVI INDAGATI
Tra gli indagati figurano Alberto Botter, 38enne fondatore e amministratore di fatto del Consorzio, Fabio Casarin, legale rappresentante di diritto della società, 48enne milanese, Massimiliano Mattiazzo, 55enne trevigiano, libero professionista, con il compito di asseveratore. Ma la lista degli indagati si è allungata. Sulla scorta degli elementi raccolti in quest'ultima fase, le Fiamme Gialle hanno infatti denunciato alla Procura della Repubblica di Treviso altri tre professionisti. Si tratta del direttore dei lavori Andrea Pillon, coneglianese, dell'asseveratore coneglianese Giorgio Feletto e di una consulente trevigiana. Questi professionisti avrebbero collaborato con quattro società collegate al consorzio e sono indagati per aver falsamente certificato l'avvenuta esecuzione o la congruità delle opere oggetto dell'agevolazione, in ciò rendendosi corresponsabili dei reati di truffa ai danni dello Stato e falso in atto pubblico. Il consorzio e le altre quattro società coinvolte, invece, sono stati segnalati per violazioni alla normativa relativa alla responsabilità amministrativa da reato degli enti. Tra i beni sequestrati un appartamento a Milano e una casa comperata dalla compagna di uno degli indagati a Santa Maria di Leuca con i proventi del Superbonus - secondo quanto contestato dalla Procura.
Nel complesso, quindi, si sta attualmente procedendo nei confronti di sei persone fisiche e cinque società, alle quali sono stati finora sequestrati oltre 35 milioni di euro, tra crediti e altri beni.

IL SISTEMA
L'inchiesta, alle battute finali, ha ricostruito l'apparato di Gruppo Zero, con una struttura amministrativa formata da 150 dipendenti di natura tecnico amministrativa ma soltanto 7-8 tra muratori, elettricisti e operai in generale. Casa Zero è nata nel 2020, sull'onda dei vantaggi previsti per i crediti fiscali legati al Superbonus, ha catturato l'attenzione di una vasta platea di clienti grazie a un vasto battage pubblicitario, anche sulle pagine di noti quotidiani nazionali. Una società che gestiva liquidità se, tanto per fare un esempio, per progettare la propria mensa aveva ingaggiato i migliori professionisti a livello nazionale. In questo modo ben 1000 privati hanno firmato un contratto per l'esecuzione di lavori di ammodernamento di proprie case o condomini con Casa Zero. Il problema è che a fronte di 1000 clienti risultano eseguiti una ventina di lavori e per 200-300 soltanto opere di minima entità, per poi dare avvio ai lavori che, invece, non venivano eseguiti. Quello che funzionava in velocità - secondo l'accusa - era la realizzazione della modulistica. Pochi giorni dopo la firma del contratto, alle volte addirittura il giorno dopo, il Consorzio otteneva dal consulente del lavoro i visti di conformità che attestava l'avvenuto avvio e l'esecuzione del 30 per cento dei lavori. In base allo stato di avanzamento dei lavori veniva richiesto il bonus che poi veniva incassato. I clienti restavano all'oscuro di tutto. In 300 hanno presentato denuncia-querela. «Sarebbe meglio che tutti facessero denuncia - spieganod alle Fiamme Gialle - per mettersi al riparo di eventuali pretese che l'Agenzia delle Entrate potrebbe avanzare anche nei confronti dell'ignaro committente». Che, alla fine, risulterebbe ingannato e bastonato.
 

Ultimo aggiornamento: 12:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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