Anna, pedagogista, diventa suora a 25 anni: «Una grande gioia»

Venerdì 11 Dicembre 2020 di Elena Filini
Suor Anna Vanzin

«Dubbi? Difficoltà? Chi non ne ha. Non siamo mica super-eroi. Però Dio è l’iniezione di benzina della mia vita. E sento di aver trovato la felicità». Da due giorni Anna Vanzin, 25 anni, pedagogista nata a San Vito di Valdobbiadene, è diventata suor Anna. Ora farà parte della congregazione delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori di Vicenza.

E spiega con la forza dell’entusiasmo una scelta che dal di fuori sembra complicatissima soprattutto se si tiene conto dell’età, ma da dentro è estremamente semplice.


«Credo di essere una privilegiata. E ho trovato il mio posto nel mondo, perché Dio saprà fare di me molto più di quanto non avrei saputo far io da sola».
Come è nata la sua vocazione?
«Sono sempre stata casa e chiesa, Quindi, forse, nella mia storia c’è poco di entusiasmante».
L’entusiasmo, al contrario, si coglie dal modo in cui racconta la sua vita...
«Vengo da una famiglia semplice. Mio padre è falegname, la mamma impiegata in una lavanderia industriale a Quero. Ho due sorelle maggiori. La mia è stata un’infanzia meravigliosa, anche grazie alla parrocchia, dinamica e inclusiva, e alla Fondazione asilo San Vito, un luogo in cui i bambini crescono a contatto con la natura e con un imprinting di stampo umanistico. L’asilo ha secondo me formato generazioni di ragazzi».
Poi la scelta di studio che non si è rivelata proprio un successo...
«Non avevo intenzione di andare all’università e ho scelto ragioneria. Ma ai numeri preferivo di gran lunga le persone. È stato un percorso faticoso, ma devo dire grazie ai miei insegnanti. Ho fatto incontri umani speciali. Nonostante le materie non mi piacessero molto».
L’asilo era gestito dalle Suore Dorotee. Che però a un certo punto lasciano San Vito.
«Nel 2013 abbiamo organizzato una sorta di festa di commiato per la loro assenza. Era un ringraziamento, ma per tutti è stato doloroso vederle andare via. Lì ho incontrato alcune sorelle giovani che hanno sfatato il primo pregiudizio: le suore non sono tutte vecchie. Mi hanno colpito moltissimo la loro luce, la loro gioia. Le ho avvicinate e ho capito che il mio cuore cercava qualcosa di grande».
È iniziato un percorso durato sette anni...
«In quel momento ho iniziato a voler capire, approfondire. Sono stata ad Assisi e ho sentito che questa cosa cresceva in me. Poi, ho chiesto di vivere un’esperienza di missione. Sono stata due settimane in Romania. È stato uno spartiacque: avevo 18 anni, il momento delle scelte decisive. E proprio lì, tra i bambini e i malati, il Signore ha voluto parlarmi».
Dire ai proprio genitori, benché credenti, “mi faccio suora” non deve essere una cosa così semplice...
«Loro hanno fatto i genitori. Mi hanno detto di seguire la mia strada purché la scelta fosse saggia e ponderata, ma soprattutto prudente. Mi hanno chiesto di terminare gli studi e di proseguirli mentre precisavo il mio percorso. E hanno aggiunto: se cambi idea, siamo qui».
Non ha cambiato idea, ma ha fatto le cose con saggezza, terminando la laurea triennale. Mai un’indecisione, un ripensamento?
«C’è stata la fatica, come per tutti nelle cose importanti della vita. Ogni tanto mi prendeva l’ansia: magari mi sto inventando la chiamata. E allora ricorrevo alle sorelle più anziane e sagge. Che però non mi hanno mai forzata, né spinta».
Una scelta così radicale impone delle rinunce. Non ha mai pensato che le sarebbe pesato non avere un compagno, dei figli?
«Non sono mai stata una trasgressiva, ma ho avuto le mie esperienze e ho potuto godere di quella parte di vita. Ma la forza di questo bisogno era troppo grande. E come in tutte le cose importanti e definitive bisogna anche saper dire no, accettare che qualcosa non faccia parte della nostra vita».
Oggi come si sente?
«Sono serena come chi è al proprio posto nel mondo. Mi sveglio presto per la preghiera, perché Dio è la carica di benzina che mette in moto le mie giornate, l’iniezione di entusiasmo che ti fa vivere. Noi Dorotee siamo delle contemplatici segrete. Preghiamo nell’azione e viceversa. Per questo so che i miei talenti verranno messi a frutto. Oggi mi sento ubriaca di felicità. E sono grata alla vita: avere Dio è un dono immenso».
 

Ultimo aggiornamento: 09:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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