Porcilaia tra case e ristoranti: «La puzza ha portato gli sposi a disdire il pranzo di nozze»

Giovedì 29 Aprile 2021 di Mauro Favaro
Porcilaia tra case e ristoranti: «La puzza ha portato gli sposi a disdire il pranzo di nozze» (Foto di Pexels da Pixabay)
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SPRESIANO (TREVISO) - Aria irrespirabile, cattivi odori e timori per eventuali inquinamenti. Scoppia la guerra attorno al nuovo allevamento di maiali in riva al Piave a Lovadina.

Le imprese e i cittadini che abitano nella zona chiedono che venga chiuso fino a quando non verrà trovata una soluzione per ridurre la puzza che ora si espande anche nel raggio di un paio di chilometri. La questione è finita dritta in tribunale. Da una parte ci sono 4 attività, a cominciare dal ristorante da Domenico, più una quindicina di residenti, e dall'altra la società agricola Milani, che da febbraio ha iniziato a ripopolare le vecchie stalle, in grado di accogliere fino a 6.500 suini. «L'aria è diventata irrespirabile a causa di un odore nauseabondo ammoniacale -spiega Ivano Camerotto, titolare dello storico ristorante- in queste condizioni diventa complicatissimo riprendere l'attività servendo da mangiare nel parco, all'esterno. L'emergenza Covid ci ha già fatto perdere 150mila euro come fatturato globale. Il lavoro si è ridotto dell'80%. Con l'asporto abbiamo fatto fronte giusto alle bollette. E ora che si riparte c'è questo problema».


SITUAZIONE INSOSTENIBILE
La puzza ha già portato qualcuno a disdire il pranzo di nozze. Una situazione insostenibile. Il Comune è dello stesso avviso. Dopo aver tentato di risolvere il nodo con una serie di incontri, si è arrivati al muro contro muro. E adesso le imprese, il ristorante con accanto l'agriturismo I Carrettieri del Piave, il B&B al Bagolaro e la società agricola Terio Le Uve, si sono rivolte al tribunale assieme ai residenti di via del Fante, via delle Grentine e via Barcador presentando un ricorso d'urgenza per ottenere un'azione inibitoria. «Il ricorso ha come finalità la tutela del diritto alla salute e la tutela delle attività produttive, per le quali non bastano le prescrizioni ordinarie -spiega l'avvocato Alessandro Bozzone- abbiamo chiesto che l'allevamento venga bloccato in attesa che la società adempia alle prescrizioni che auspichiamo vengano elencate da un consulente tecnico d'ufficio tramite una perizia olfattometrica». L'udienza è stata fissata per il 31 maggio. Di pari passo è stato presentato un esposto anche al comando dei carabinieri del gruppo forestale di Treviso. A livello tecnico le carte dell'allevamento sono in regola. Negli ultimi 5 anni le stalle sono rimaste vuote. Nessuno pensava che potesse riprendere un'attività intensiva proprio lungo l'asse della prossima ciclovia del Piave. Poi la società agricola Milani, che ha già due impianti simili a Zero Branco e Porcia, ha rilevato le strutture dall'azienda agricola Lazzarin. E da febbraio ha iniziato a riempire le stalle di maiali. In base all'autorizzazione dell'Usl della Marca, possono arrivare a contenere fino a 6.500 suini.


COMUNE CON I CITTADINI
Il Comune è accanto alle imprese e ai cittadini che hanno presentato il ricorso. «Mi auguro che l'inibitoria venga accolta -spiega il sindaco Marco Della Pietra- anche questa volta il Comune subisce le scelte di altri. Alla luce del nostro strumento urbanistico eravamo abbastanza tranquilli sul fatto che non si sarebbe più insediato un allevamento intensivo. Non condanno nessuno. Ma se le cose venissero fatte bene, non ci sarebbero problemi». «In ogni caso, nel momento in cui una nuova attività riparte, lo deve fare con i canoni che sono richiesti -aggiunge- è palese che la normativa che era in vigore negli anni 80 non può essere trasportata nel 2021». A partire dal 26 febbraio il municipio si è mosso per chiedere un sopralluogo congiunto all'Usl, alla Provincia e all'Arpav. «Non ci sono ancora state risposte -dice Della Pietra- il Comune è competente per la parte edilizia e urbanistica. Per quella ambientale, invece, il discorso è diverso. In base a cosa l'Usl ha deciso che si può arrivare fino a 6.500 capi? È stato solo fatto un conto tecnico senza considerare che l'attività era ferma da 5 anni. Il modus operandi è completamente sbagliato». Dal canto proprio, la società agricola Milani ha già sottolineato nei vari incontri che si sta parlando di una zona agricola. «Se si considera il numero di residenti in questa zona si capisce che stride con il concetto di area agricola -evidenza l'avvocato Bozzone- la tutela della salute, comunque, prescinde da questo tema». L'ultimo punto riguarda proprio il timore per eventuali inquinamenti in riva al Piave. «I liquami vengono gestiti a poche centinaia di metri da tre pozzi dell'Ats (la società dell'acquedotto, ndr) -tira le fila Fausto Pozzobon, presidente del circolo Legambiente Piavenire- da parte nostra, chiediamo che venga posta la massima attenzione anche su questa situazione».

Ultimo aggiornamento: 11:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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