Nipote spara allo zio. Borgo Capriolo, si teme la faida: «Massima severità»

Venerdì 12 Febbraio 2021 di Serena De Salvador
Pattuglie di vigili a Borgo Capriolo

TREVISO Nuovi giochi di potere interni alle famiglie Rom di borgo Capriolo, per vendette trasversali e per imporre al vertice nuovi personaggi, anche con l’uso della forza. In altre parole, una faida. Questa è l’ipotesi che oggi, dopo la sparatoria che lunedì ha ridotto in fin di vita il 53enne Joco Durdevic a opera del nipote 36enne Branko Durdevic, maggiormente preoccupa istituzioni e forze dell’ordine. Ne hanno discusso ieri al tavolo sulla sicurezza il prefetto Maria Rosaria Laganà, il sindaco Mario Conte, il questore Vito Montaruli oltre ai vertici di carabinieri, polizia locale e guardia di finanza.

La mediazione e il dialogo con le famiglie interessate attraversano ora un fase delicatissima, mentre prendono il via controlli capillari per verificare la legittimità dell’assegnazione delle case popolari. Branko nel frattempo ha affrontato ieri l’interrogatorio di garanzia nel carcere di Venezia dove è recluso, ma se sulla sua colpevolezza non vi sono dubbi, le indagini sono tutt’altro che concluse. In primis per via della pistola, che ancora non si trova e sulla quale il 36enne ha cercato di depistare gli inquirenti. Un’arma che potrebbe essere finita in altre mani, riaprendo il pericolo di atti violenti per stabilire la supremazia.


LE INDAGINI
La fuga di Branko, scappato a piedi dall’appartamento dove aveva sparato alla nuca allo zio, si è conclusa quella stessa sera. La questura ha schierato in forze gli uomini della Squadra volante e della Squadra mobile che –equipaggiati per fronteggiare un fuggiasco armato– hanno azionato tutte le strategie per tagliargli ogni via di fuga. Il cellulare, con cui ha provato a contattare alcuni parenti per cercare rifugio e un mezzo di trasporto, è stato tracciato. Le frontiere con l’Est sono state allertate, come pure sono state monitorate strade e linee ferroviarie. Non è riuscito ad allontanarsi più di due chilometri, riparando tra i campi verso Colombera e San Pelajo. Dopo averlo localizzato, lo hanno convinto a consegnarsi: «Non avevo altra scelta» ha ammesso durante la cattura. In quel momento però non aveva più la pistola, che tutt’oggi non è stata ritrovata. Ha dichiarato di averla lasciata nell’abitazione dove è avvenuta la sparatoria, ma gli inquirenti ritengono si tratti di un depistaggio. Più probabile è che l’abbia abbandonata nelle campagne, forse in un luogo dove possa essere recuperata. Non si esclude però che possa anche averla consegnata a qualcuno. Se fosse vero, quell’arma (con tutta probabilità di origine illegale) potrebbe essere nelle mani di altre persone e aumentare il già alto rischio di nuovi episodi criminosi. «L’episodio è gravissimo, ma la pronta risposta ha dimostrato che lo Stato è presente» ha commentato il questore Montaruli. Il movente personale è stato confermato dall’arrestato, ma anche in questo senso sono in corso ulteriori indagini per vagliare eventuali favoreggiamenti o l’implicazione di terzi.

Spara allo zio, la fuga di Branko è durata 7 ore. Tradito dal cellulare


I CONTROLLI
«Preoccupano le situazioni di famiglie che hanno già creato problemi di vicinato. In parte a causa di alcune abitudini, per le quali serve un’opera di educazione complessa da affrontare. L’intento è far capire loro che eventuali disordini avrebbero ripercussioni pesanti, anche sulla permanenza nelle case popolari dove vivono molti minori –ha spiegato il prefetto Laganà–. Si procederà con controlli concentrici. Da un lato amministrativi, per la verifica su chi occupa gli alloggi, dall’altro di polizia per verificare condotte criminose e prevenirle». Grande attenzione è rivolta anche all’ospedale dove Joco è ricoverato e dove non si esclude che possano confluire i familiari nel caso dovesse sopraggiungere il decesso. Joco era infatti non solo uno dei personaggi di spicco tra i Rom di borgo Capriolo, ma anche una delle persone che più cercava di mantenere la situazione stabile. «La priorità è verificare tutte le assegnazioni delle case popolari –ha aggiunto il sindaco Conte–. Chi vi abita senza diritto dovrà andarsene. Parimenti saranno condotti i controlli con le forze dell’ordine per tutelare tutte le persone per bene che vivono nel quartiere. La violenza chiama violenza e a Treviso simili episodi non sono tollerati. L’allerta è massima, vendette e faide sono un allarme da non sottovalutare anche in vista dell’evoluzione giudiziaria della vicenda».
 

Ultimo aggiornamento: 15:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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