Vigilante sparò e uccise bandito in fuga. Il pm vuole processarlo per omicidio

Domenica 22 Settembre 2019
Massimo Zen
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VEDELAGO (TREVISO) - Secondo la Procura non fu legittima difesa. E chiederà di mandare a processo Massimo Zen, 48enne di Cittadella, per il reato più grave, quello di omicidio volontario. Ma la guardia giurata che il 22 aprile di due anni fa esplose il colpo di pistola che uccise il giostraio 36enne Manuel Major, in fuga assieme a due complici dopo una serie di assalti ai bancomat, non è l'unico imputato nell'inchiesta del sostituto procuratore Gabriella Cama che, pochi giorni fa, ha chiuso le indagini ricostruendo cosa sarebbe avvenuto in quella notte di primavera a Barcon di Vedelago. Altri due vigilantes, Manuel Cancarello, di 45 anni, e Christian Liziero, di 46, entrambi residenti a Paese, sono accusati a vario titolo di  favoreggiamento e interferenza nelle comunicazioni dei carabinieri. Cancarello, in particolare, è accusato di aver piazzato la pistola giocattolo ritrovata a ridosso della strada in cui era avvenuta la sparatoria, che avrebbe dovuto indurre gli inquirenti ad avvalorare la tesi della legittima difesa di Zen, che disse di aver aperto il fuoco dopo essersi visto puntare contro l'arma dal finestrino dell'auto dei banditi, che si stava avvicinando. Non andò così per la Procura, secondo la quale i vigilantes si sarebbero anche introdotti, illecitamente, nelle radiofrequenze riservate ai militari dell'Arma.

LE ACCUSELa posizione di Zen è ovviamente quella più pesante. Nel capo d'imputazione, si legge, la guardia giurata dei Rangers dopo aver posizionato la sua Fiat di traverso lungo via Pomini a Barcon di Vedelago, al fine di impedire o rallentare il passaggio della Bmw 50 sulla quale viaggiavano Manuel Major, Euclide Major e Jody Garbin, autori quella stessa notte di alcuni assalti ai terminali Atm, esplodeva tre colpi di pistola Glock, in direzione dell'autovettura, uno dei quali, attraversando il parabrezza lato passeggero, attingeva al capo (zona temporale destra), Manuel Major, alla guida della Bmw, cagionandone la morte. La ricostruzione degli inquirenti esclude insomma la legittima difesa, nonostante il 48enne abbia dichiarato di aver risposto agli spari dei banditi. I quali (nel frattempo condannati a 9 anni di carcere), hanno sempre negato di essere stati, quella notte, armati. Zen è anche accusato di aver intercettato fraudolentemente, quella stessa notte, le comunicazioni dei carabinieri e di aver interrotto le conversazioni inserendosi sulle onde radio riservate ai militari. Manuel Cancarello, invece, difeso dall'avvocato Eleonora Varnier, è accusato di aver posizionato lungo via Pomini, dove Zen aveva esploso i tre colpi di pistola, una pistola giocattolo imitazione della Beretta, priva di tappo rosso, aiutando il 48enne ad eludere le indagini di p.g. rivolte all'esatta ricostruzione dei fatti. Inoltre, a sua volta, il 6 giugno, avrebbe utilizzato una ricetrasmittente sintonizzata sulle frequenze dell'Arma, reato contestato anche al collega Christian Liziero, difeso dall'avvocato Elisa Davanzo, per un caso analogo del 3 giugno.
LE REAZIONI«Siamo soddisfatti sia emerso che non c'era nessuna arma, come abbiamo sempre sostenuto - afferma l'avvocato Fabio Crea, legale della famiglia Major -. Magistrati e carabinieri stanno garantendo un grande impegno per arrivare all'accertamento della verità». «Siamo molto sorpresi, ci aspettavamo venisse riconosciuta la legittima difesa - commenta sul fronte opposto Daniele Panico, difensore di Zen -. Ora vogliamo capire quali intercettazioni abbiano in mano gli inquirenti e studiarle a dovere. Anche il mio assistito, com'è ovvio, è sotto choc, e aspetta di conoscere i contenuti del fascicolo».
A.Belt.
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