Fabio, 35 anni: «Io, omosessuale, da vittima dei bulli a sindaco»

Lunedì 12 Aprile 2021 di Lucia Russo
Il sindaco Fabio Marin (a sinistra) con il compagno Mattia

SAN ZENONE  (Treviso)  - «Non sono un sindaco arcobaleno, io sono il sindaco. Punto». Inizia così, spazzandovia subito qualsiasi etichetta, l’intervista al primo cittadino di San Zenone degli Ezzelini, Fabio Marin, di 35 anni. Nelle sue parole c’è la voce di chi ha lottato per i diritti –suoi e altrui– di uomo libero di pensare, di agire e anche d’amare.E nel suo caso, di amare un altro.

Sindaco, lei non ha mai nascosto ai suoi concittadini di essere omosessuale.
«Sono sempre stato me stesso, anche se il percorso non è sempre stato facile. Da piccolo ero vittima di bullismo. Mi chiamavano “femenèa” e con molti altri insulti. Ci rimanevo molto male. Fino ai 22 anni ho cercato di nascondere ciò che ero, lo sapeva solo la mia migliore amica perché sembrava dovesse essere una vergogna».

Cos’è cambiato poi?
«Quando mi sono aperto al mondo, sono andato via da San Zenone perché mi sentivo discriminato. Avevo paura che mio padre non lo accettasse e mia mamma in quel periodo aveva iniziato a stare male. Tanto che in paese qualcuno aveva anche detto che fosse colpa del mio modo di essere se stava così. Mamma poi è venuta a mancare prima che potessi dirglielo e quando invece l’ho confidato a mio papà è stata la cosa più bella del mondo. Avevo così tanta paura per i discorsi che sentivo e gli stereotipi che passano in televisione, su internet, sui social network. Lui però aveva già capito tutto. Quando mi sono avvicinato mi ha detto: “Mi devi dire che stai insieme a un ragazzo?”. Io ho detto di sì e lui mi ha solo chiesto se ero felice».

Poi la candidatura a sindaco. Come l’hanno presa i concittadini?
È stato sicuramente difficile perché molti non mi hanno votato proprio perché sono omosessuale. Anche i consiglieri che si sono candidati con me hanno avuto parecchie difficoltà, soprattutto a rapportarsi con le persone di una certa età. Quando andavano a presentare il programma si sentivano dire “Ma cosa fai con quello?”». 

È comunque riuscito a vincere.
«Il fatto che San Zenone abbia scelto me come sindaco dimostra che la maggioranza non ha guardato alla mia vita privata ma solo alle mie capacità. Ci sono anche persone che non mi hanno votato e che con il tempo si sono ricredute, apprezzando il mio modo di mettere il cuore nelle cose e il grande amore che ho per il mio paese. Continuo ad avere lamentele per come sono io, per il mio essere omosessuale, ma io cerco sempre il dialogo, cerco di spiegare la situazione».

Si riferisce a qualche episodio in particolare?
«Ce ne sono diversi. Mi ricordo una persona che aveva preso un appuntamento e mentre aspettava continuava a ripetere di essere omofobo al personale degli uffici. Quando è salito, io l’ho ascoltato e gli ho fatto capire che con me si può ragionare di tutto come con qualsiasi altra persona. E ha capito. Vengo attaccato ancora molto spesso perché ci sono persone che ignorano l’argomento e sono ancorate a preconcetti e stereotipi. Ti fanno pesare quello che sei».

Anche la minoranza non le ha reso le cose sempre facili.
«È vero. La minoranza aveva presentato una mozione contro la legge Zan in consiglio comunale. Quando hanno esposto i motivi della contrarietà, non avevano niente a che fare con la legge. Parlavano ad esempio di "famiglia normale" composta da uomo e donna. Io mi sono sentito discriminato. So benissimo cosa voglia dire famiglia e io con il mio compagno Mattia mi sento esattamente come tale. Per quanto io cerchi di lasciar correre, dal punto di vista morale è davvero pesante ricevere certe accuse. Io e Mattia siamo una famiglia a tutti gli effetti, viviamo insieme e abbiamo fatto nascere tante cose belle insieme, dal rifugio per animali in difficoltà fino a un video sulla parità».

Disegno di legge Zan, cosa ne pensa?
«Quando ci sono proposte le valuto tutte attentamente. Quello di Zan è un atto di buonsenso e rispetto per i cittadini. Non è una legge per gli omosessuali ma per tutti, perché si occupadi tutte le discriminazioni: di genere, orientamento sessuale, ma anche nei confronti delle disabilità. Sono tra coloro che sognano che un giorno possa non esserci nemmeno più bisogno di queste sigle, perché solo allora ci saranno la vera normalità e parità».
 

Ultimo aggiornamento: 17:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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