Omicidio a Silea. Una vita di litigi. «Mi sentivo minacciato e ho aperto il fuoco»

Lunedì 20 Maggio 2019
Omicidio a Silea. Una vita di litigi. «Mi sentivo minacciato e ho aperto il fuoco»

SILEA - «Mi sono sentito minacciato e ho sparato». Del tutto tranquillo, ma nonostante questo affatto lucido, Giovanni Padovan, 91 anni, ha subito ammesso di aver aperto il fuoco contro il genero Paolo Tamai, 63enne, raggiunto con un colpo di doppietta ieri mattina nel giardino della sua abitazione di via Nerbon a Silea. L'anziano pensionato, dopo essersi barricato per qualche minuto in casa, è stato convinto ad aprire la porta dai carabinieri, intervenuti alle 9.30 dopo l'allarme lanciato da un vicino di casa, il primo che ha prestato supporto anche ad Anna, figlia del presunto omicida e moglie della vittima, ricoverata sotto choc in ospedale.

 
IN CASERMA
Padovan, dopo esser stato accompagnato in caserma, ha reso alcune dichiarazioni spontanee davanti agli inquirenti. Non ha spiegato quale sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma ha confermato che i rapporti con il genero erano deteriorati da moltissimi anni. Il pensionato, considerata anche l'età, è apparso molto tranquillo, forse troppo tranquillo e quasi distaccato, probabile segno di uno stato di comprensibile choc. Ma ha raccontato di essersi sentito in qualche modo minacciato dal genero, con il quale la tensione era sempre alle stelle. Se fossero reali o meno le minacce ricevute dall'anziano è tutto da appurare, e fondamentale sarà la testimonianza della figlia Anna, che verrà presto sentita, appena sarà in grado, dagli investigatori. Da quanto emerso Tamai veniva sempre preso di mira dal suocero, che lo accusava di essere un lavativo non perdendo occasione di criticarlo. Gli attriti erano insomma continui e spesso violenti. Motivo per il quale le figlie del 63enne, Jessica e Laura, avrebbero anche inviato una segnalazione ai servizi sociali del Comune, che già aveva preso in carico Padovan per il servizio pasti ma che non seguiva direttamente l'anziano dal punto di vista assistenziale, aspetto di cui si era presa carico un'altra nipote del 91enne Marika, che gli faceva visita quotidianamente.

EX CACCIATORE
Padovan, ex operaio, è sempre stato un appassionato di caccia. Per questo aveva in casa una doppietta, fucile per il quale deteneva una regolare autorizzazione nonostante l'età e i problemi di salute che lo affliggevano. Il 91enne, diversi anni fa, aveva subito un brutto infortunio sul lavoro. «Aveva ricevuto una botta in testa - hanno riferito alcuni conoscenti - e aveva ottenuto una parziale invalidità». Poi c'è l'età che avanza e le discussioni sempre più esacerbate con il marito della figlia Paolo Tamai, titolare assieme al suo socio e amico Marino Giacomin della ditta Automazione Trevigiana Snc di Villorba. Discussioni che poco piu di 5 anni erano state seguite da un intervento dei carabinieri, chiamati dallo stesso Padovan. I militari li riportarono alla calma, ma i litigi continuarono come prima.

LE INDAGINI
I carabinieri della stazione di Silea, della compagnia di Treviso e del nucleo investigativo dovranno cercare di chiarire nelle prossime ore diversi aspetti, a partire dal litigio scoppiato tra Padovan e Tamai ieri mattina, sul quale potrebbe far maggior luce la testimonianza di Anna Padovan, moglie della vittima, e dei vicini di casa che quasi ogni giorno assistevano agli screzi tra suocero e genero. Resta inoltre da determinare con certezza, ma a questo potranno dare risposta gli esiti dei rilievi della scientifica, da dove abbia sparato il 91enne: se si sia affacciato dal balcone e abbia esploso il colpo oltrepassando la recinzione che divide le due proprietà, o dalla porta di casa, che si trova ad appena un metro di distanza. Padovan, dopo l'arresto per il reato di omicidio volontario, è stato trasferito in carcere a Treviso in attesa dalla convalida, durante la quale, assistito dal suo legale, potrà spiegare e circostanziare meglio quanto accaduto.
A.Belt
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Ultimo aggiornamento: 09:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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