Sentenza Barzan, il padre di Giorgia: «Così si legittima la violenza sulle donne»

Venerdì 8 Ottobre 2021
L'INCIDENTE nel quale perse la vita Giuseppina Lo Brutto. Cristian Barzan era stato accusato di aver provocato volontariamente lo schianto dopo una lite con la fidanzata, che lo aveva accusato anche di violenza sessuale e stalking
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POVEGLIANO - «Giustizia non è stata fatta. A questo punto lo stupro e la violenza sulle donne possono essere perpetrate. Questa è la sensazione data dalla sentenza di ieri. Mi spiace per la vittima e per mia figlia, che non è stata creduta». Sono parole cariche di rabbia e dolore quelle pronunciate, al telefono con AntennaTre, da Dario, papà di Giorgia, l’ex fidanzata di Cristian Barzan. La sentenza di primo grado emessa mercoledì pomeriggio dal Tribunale di Treviso è stata come un pugno in faccia: Barzan è stato condannato in rito abbreviato a tre anni e tre mesi per omicidio stradale, salvandosi dalle ben più gravi imputazioni di  omicidio volontario e duplice tentato omicidio volontario. È stato inoltre assolto dall’accusa di violenza sessuale e stalking nei confronti dell’ex fidanzata, in macchina con lei la sera della morte di Giuseppina Lo Brutto, 62 anni, centrata dall’auto della coppia. «Il fatto che non sia stato riconosciuta la violenza sessuale è gravissimo non solo per mia figlia - spiega il padre della ragazza -, ma anche per tutte quelle donne che hanno subito e subiranno violenze, e che si troveranno di fronte ad avvocati che faranno di tutto per farle passare come situazioni volute».


LO SDEGNO
Dopo l’incidente mortale, avvenuto il 7 giugno di tre anni fa, erano state le confidenze di Giorgia ai soccorritori e poi agli investigatori della Polstrada a sollevare un velo su quanto accaduto quella sera.

La ragazza accusava l’ormai ex fidanzato di una serie di violenze fino alla folle corsa in auto conclusa con lo schianto, tra Arcade e Povegliano, contro l’auto della Lo Brutto, di rientro da una cena col marito, salvatosi miracolosamente. «C’è poco da dire - continua papà Dario -: giustizia non è stata fatta. Mi dispiace tantissimo per la signora Lo Brutto e per la sua famiglia, ma anche per mia figlia, che non è stata creduta. Non è stata ascoltata e non è stata creduta nonostante tutte le prove». Per la giovane la sentenza di mercoledì è stato un ulteriore colpo nelle stomaco. «Si era ripresa - conclude il papà -, ma ora le cose non vanno benissimo. Siamo veramente afflitti, non credevamo di trovarci in una situazione che per nulla al mondo avremmo voluto, in cui per un’innocente non c’è giustizia». 


IL RICORSO
La Procura, in attesa di leggere le motivazioni della sentenza, sta già pensando a presentare ricorso contro il giudizio di primo grado. «Una volta lette le carte - ha precisato il procuratore capo facente funzioni Massimo De Bortoli, che mercoledì ha sostituito il pm Daniela Brunetti -, potremmo valutare con precisione se fare o meno un ricorso alla Corte d’Appello. Però posso dire che, secondo le valutazioni della Procura, quella sera il comportamento di Barzan era ispirato al dolo». Tanti insomma, per gli inquirenti, i punti interrogativi rimasti senza risposta. Per Barzan, al contrario, mercoledì è stato il giorno di un viaggio difficile e costellato di accuse gravissime: «Mi hanno descritto come un mostro, dicendo falsità e bugie, ma io ho sempre saputo che non era vero».

Ultimo aggiornamento: 16:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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