La trentenne Sara: «Da alpina dico: non associate le molestie alle penne nere»

Domenica 15 Maggio 2022 di Mattia Zanardo
Sara Zanotto
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TREVISO - «Gli episodi di molestie vanno condannati e se qualcuno li ha commessi è giusto paghi severamente. Mi pare quasi scontato dirlo. Ma non si può generalizzare, associando le molestie agli Alpini tutti e denigrando i valori incarnati dal nostro cappello e la nostra storia, come purtroppo sta avvenendo. Lo dico da donna, da alpina e da giornalista». Sara Zanotto, trentenne bassanese, è stata per tre anni arruolata in servizio effettivo negli Alpini, prima a Montorio Veronese, poi al Comando Truppe Alpine a Bolzano. Socia dell'Ana, dal 2019 dirige Fameja Alpina, prima guida femminile nei quasi sette decenni di vita dello storico periodico delle oltre 10mila penne nere della sezione di Treviso.

Di fronte alle polemiche scoppiate per le molestie denunciate da alcune donne durante la recente Adunata nazionale di Rimini e San Marino, premette fin da subito: «Ogni molestia, fisica o verbale, va condannata a prescindere e non è tollerabile in nessun contesto: in piazza, alla sagra del paese, ad un concerto, alle 8 di mattina o a mezzanotte. Se qualcuno se ne rende responsabile va punito, indipendentemente dal fatto che indossi il cappello alpino o meno: è un atto degradante per l'essere umano. L'ha ribadito anche il nostro presidente nazionale Sebastiano Favero ed è una cosa ovvia. C'è però un aspetto che mi spiace in modo particolare in questa vicenda».


Ovvero?
«Che si voglia generalizzare. Le forze dell'ordine e le autorità accerteranno eventuali responsabilità di singoli e poi, nel caso, applicheranno la legge, com'è doveroso. Ma gli Alpini e la nostra associazione non hanno nulla in comune con certi comportamenti».


Si sta facendo di tutta l'erba un fascio?
«Ancora una volta anziché unirci contro le molestie, ci dividiamo gli uni contro gli altri. Mi hanno lasciata basita certi commenti di un'estrema violenza gratuita contro il cappello alpino e i valori tramandati dai nostri veci. Un cappello che fino a pochi giorni fa era osannato da tutti. Se qualcuno ha sbagliato, lo ripeto, è giusto che paghi e in modo severo. Ma non si può gettare discredito su tutti, dimenticando il sacrificio di chi ci ha permesso di vivere oggi in democrazia e libertà e il contributo dato dall'Ana in tutti questi anni: nelle giornate di festa, ma soprattutto in tantissime situazioni di emergenza, dalle catastrofi naturali, alla pandemia, fino alla recente guerra in Ucraina: tra i primi a rispondere all'appello per portare aiuti alle popolazioni colpite dal conflitto è stata la Protezione civile Ana».


C'è chi accusa il mondo degli Alpini di una cultura maschilista.
«Le donne fanno parte della storia degli Alpini. I nostri soldati al fronte scrivevano a casa indirizzando le lettere alla Cara mamma, non al papà. Per tantissimi di quei giovani il pensiero e l'affetto per la moglie, la figlia, la morosa sono stati l'unica luce nel dramma della trincea. E ancora oggi il rispetto della donna è tra i nostri valori».


Come alpina, lei si è mai sentita oggetto di discriminazioni o avances sgradite?
«Mai. Nel periodo in cui ero in armi, ho lavorato molto spesso con uomini anche di parecchi anni più anziani di me: sono sempre stata trattata con rispetto e professionalità, né tantomeno ho ricevuto atteggiamenti che potessero essere interpretati in modo equivoco. Tanti di loro sono ancora oggi dei cari amici. E anche ora, nell'Ana, come direttrice di Fameja Alpina, in numerose occasioni mi ritrovo ad essere l'unica donna presente: posso assicurare di essermi sempre sentita a mio agio, anzi protetta».


E' stata avviata una petizione per sospendere l'Adunata per due anni. Cosa ne pensa?
«Confido nell'intelligenza delle persone, in cui credo tantissimo, anche se, visti i recenti avvenimenti internazionali, ultimamente mi sembra traballi un po'».
 

Ultimo aggiornamento: 16 Maggio, 10:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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