Sara, Natalina e i ricordi: una città che cambia volto insieme alla famiglia Botter

Sabato 28 Gennaio 2023 di Chiara Voltarel
Sara e Natalina Botter

TREVISO - Quando si parla di patrimonio artistico trevigiano è inevitabile citare Mario Botter, il noto restauratore, ma l'amata figura femminile che gli è sempre stata accanto, lo ha appoggiato e sostenuto, è rimasta nell'ombra. Eppure lei, donna instancabile e coraggiosa, forte e innamorata, ha saputo silenziosamente ritagliarsi un definito ruolo nella vita del marito. A far luce su Sara Casellato poi Botter, è Natalina Botter che ha affidato i tanti ricordi alle pagine del libro Sara. Un ritratto nella Treviso del Novecento edito da De Bastiani.
Chi è Sara? «Sara è mia madre, ha avuto una vita molto importante perché è vissuta affianco di mio padre Mario; io come guida turistica ho sempre raccontato molto di lui e della sua attività, però dietro a lui c'era mia madre, di cui non ho mai potuto parlare e con questo libro saldo il debito che ho lei.

Sono l'ultima testimone della famiglia, per questo ho scritto i miei ricordi, per i miei nipoti e per tutti quelli che verranno. Narro di una famiglia molto intima e corretta, vissuta in un ambiente sereno e ricco d'affetti».

L'IMPOSTAZIONE
Il libro non è un romanzo: Natalina ha messo in ordine i suoi ricordi, «i racconti dei miei genitori e ricucito gli eventi sulla base anche delle numerose lettere che si scambiavano e che ho in parte trascritto e inserito». Duecento pagine corredate da fotografie, che tracciano il ritratto di Sara, dalla sua nascita nella villa di Fontane e l'infanzia in quella dimora immersa nel verde da lei definita un paradiso terrestre', fino agli ultimi suoi respiri in una stanza dell'Ospedale di Treviso. «Narro episodi di una vita che attraversa tutto il 900 inserita in una Treviso che cresce e si trasforma, segnata da duri e luttuosi eventi bellici - spiega ancora l'autrice -. Mio padre aveva combattuto nel Carso, poi era stato fatto prigioniero, deportato, e per questo alla fine del conflitto il medico gli aveva consigliato una vacanza al mare, fu in quell'occasione che conobbe mia madre, una ragazza di neanche sedici anni molto più giovane di lui, di cui se ne innamorò subito. Dopo anni di corteggiamento e scambi epistolari, il 5 maggio del 1928 si sposarono. In viaggio di nozze avevano vistato importanti città d'arte come Firenze, Orvieto, Roma, fino alla Sicilia, luoghi dove lui era già stato per lavoro». Fu un amore fortunato «coronato con l'arrivo dei quattro figli, poi la gioia della costruzione di una nuova casa in via Olivi, fino ai festeggiamenti per i 50 anni di matrimonio con le medaglie fatte da mio fratello Memi».

LA CITTÀ
Sullo sfondo si riconoscono luoghi di Treviso, con tante foto; ecco la villa sul Botteniga «prima di entrare in città dove viveva da ragazza, il quartiere di San Nicolò dove abitava mio padre, la successiva casa in via Olivi; ma anche eventi storici come il bombardamento del 7 aprile, la vita da sfollati; racconto di mio padre che lavorava nella chiesa di San Francesco, o assieme a suo padre nella chiesa di Santa Lucia dove mia mamma, che studiava alle Canossiane, passava a salutarlo. Non mancano riferimenti a tanti amici che frequentavano la nostra casa come Luigi Coletti che fu testimone di nozze, il professor Zovatto dell'Università di Padova, Giovanni Comisso che telefonava spesso all'ora di pranzo per chiedere a mio padre dettagli e fatti storici utili per scrivere qualche articolo per il Corriere della Sera o Gazzettino».

I DETTAGLI
Sul filo del racconto l'autrice si sofferma in dettagli che restituiscono l'anima della famiglia Botter. Ritorna il viale di cipressi che conduce all'ingresso della casa di via Olivi, lo scrigno dei Botter dove tutto parla di storia e arte: la testiera del letto impreziosita da una Madonna settecentesca, un'antica acquasantiera, o gli affreschi come quelli della camera matrimoniale le cui pareti erano state dipinte da Mario con rami d'albero intrecciati su cui posavano uccelli di ogni razza. All'ombra di Sara è così possibile scoprire un meno noto Mario Botter, e questa favola raccontata dalla figlia, sottolinea come le cose migliori nascono sempre dalla collaborazione, dallo scambio e dalla condivisione.

 

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