TREVISO - Troppi No-Vax sospesi negli ospedali: l’Ulss della Marca è costretta a tagliare i posti letto nei reparti. Non solo. Le assenze hanno portato anche alla riduzione dell’orario di apertura del centro di salute mentale di Mogliano. E all’inizio della settimana prossima si valuterà pure la chiusura di alcuni ambulatori per le prestazioni specialistiche. Sono oltre 100 gli operatori della sanità, dipendenti dell’Ulss, lasciati a casa perché nonostante l’obbligo hanno scelto di non vaccinarsi contro il coronavirus, senza un valido motivo. Compresa una decina di medici. E con l’inizio di novembre partiranno altre 12 lettere di sospensione. Davanti a questi numeri, l’azienda sanitaria ha dovuto ridimensionare le attività di alcune unità operative per evitare che il personale rimasto in servizio fosse costretto a sobbarcarsi turni insostenibili, con tutti i rischi connessi.
LA RIORGANIZZAZIONE
«Abbiamo ridotto i posti letto in qualche reparto – conferma Francesco Benazzi, direttore generale dell’Ulss – procedendo in base all’intensità delle cure». La riduzione dei posti negli ospedali è diffusa: in altre parole, non ci sono reparti dimezzati. Ma ciò non ha scongiurato una riorganizzazione, condotta anche attraverso una serie di spostamenti interni, resasi indispensabile per riequilibrare i tempi di assistenza per ogni paziente. Non basta. Oltre ai reparti, tra i settori più in difficoltà c’è in particolare la sede del centro di salute mentale di Mogliano. «È necessario ridurre l’orario dell’attività di psichiatria», sottolinea Benazzi. E martedì si prenderà una decisione sull’eventuale chiusura di alcuni ambulatori per le visite specialistiche e gli esami strumentali. L’Usl punta a ridimensionare quelli considerati secondari. Le cose vanno un po’ meglio nelle aree chirurgiche degli ospedali. In questo ambito sono stati complessivamente sospesi 7 dipendenti No-Vax, tra infermieri e operatori. Nel dettaglio, due infermieri del gruppo operatorio dell’ospedale di Treviso, due del polo chirurgico di Conegliano e uno rispettivamente nel settore della Week-Surgery di Vittorio Veneto, nella chirurgia di Castelfranco e nel gruppo operatorio di Montebelluna. «Le sospensioni nelle aree chirurgiche sono limitate – fa i conti il direttore generale – e, come accaduto per le maternità, non sono state inserite nel piano per il recupero delle prestazioni non urgenti rinviate nel picco dell’epidemia da coronavirus».
LA VACCINAZIONE
Intanto una parte dei sanitari che non aveva risposto all’obbligo vaccinale anti-Covid sta tornando sui propri passi. «Una ventina di dipendenti che erano renitenti, tra i quali anche alcune ostetriche, hanno deciso di sottoporsi all’iniezione – specifica Benazzi – non si tratta di un dato di poco conto». In tutto ciò, l’Usl è impegnata a riprogrammare il monte iniziale delle 22.500 prestazioni non urgenti (16.571 visite ed esami e 5.940 interventi chirurgici) saltate durante l’emergenza Covid. In questo periodo si stanno recuperando oltre 1.800 visite ed esami e 400 operazioni al mese. L’altro ieri il sindacato Fp-Cgil ha denunciato carichi di lavori insostenibili «in sale operatorie ormai al collasso», aprendo alla possibile mobilitazione dei lavoratori. Dal canto proprio, l’Usl ha replicato a stretto giro sostenendo che i numeri, tra lavoratori, turni e orari, non erano corretti ed evidenziando che gli infermieri assunti sono aumentati rispetto al 2019, epoca pre-pandemia. E a breve verranno assunti almeno altri 8 operatori sociosanitari per i trasferimenti dei pazienti tra le sale operatorie e i reparti. «Abbiamo l’obbligo morale di ridurre le liste d’attesa – conclude Benazzi – lo dico alla Cgil così come a tutti gli altri, capisco le difficoltà ma non possiamo permetterci di non recuperare le prestazioni che erano state sospese».
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