Il direttore Pier Giorgio Scotton pronto alla pensione ma resta in corsia: «Aiuto per il Covid»

Sabato 25 Giugno 2022 di Mauro Favaro
Il dottor Rigoli e Scotton

TREVISO - Avrebbe potuto andare in pensione già dal prossimo agosto, quando compirà 65 anni. Ma Pier Giorgio Scotton, direttore dell'unità di Malattie infettive dell'ospedale di Treviso, riferimento per l'intera provincia, ha scelto di rinviare l'appuntamento. Potrà continuare a lavorare al Ca' Foncello per altri cinque anni: fino all'agosto del 2027. «Vista la situazione riguardante il Covid, non ho voluto lasciare spiega mi sembrava un po' di abbandonare». La nuova ondata sta moltiplicando i contagi. Oggi sono oltre 9mila i trevigiani positivi costretti all'isolamento. Compresi i 65 pazienti ricoverati in ospedale. L'emergenza sanitaria formalmente è finita. La richiesta dei vaccini anti-Covid è in continuo calo. Tanto che dal primo luglio i Vax Point della Marca resteranno chiusi di sabato. Ma la battaglia va avanti sul campo.
Dottor Scotton, non le costa rinviare la pensione, soprattutto dopo quasi due anni e mezzo in prima linea davanti alla pandemia?
«Avendo lavorato in Africa e avendo avuto la fortuna di riscattare anche quel periodo, ho acquisito l'anzianità giusta a 65 anni. Ma c'è la possibilità di continuare a lavorare in ospedale fino a 70 anni. In questa situazione è meglio continuare a dare qualcosa, fino a quando si è motivati per fare il massimo. Poi si vedrà. Quando sarò d'impaccio, mi farò da parte».
Molti camici bianchi, in particolare quando possono andare in pensione, cedono alle sirene della sanità privata.
«Ho avuto diverse occasioni: non sono mancate le proposte. Ma la sanità pubblica, per il tipo di lavoro che faccio, permette le migliori gratificazioni. Qui c'è la possibilità di studiare i problemi al meglio e di dare risposte a 360 gradi. Cosa che altrove non sempre è possibile. Le potenzialità del pubblico sono fenomenali».
Intanto ha preso forma una nuova ondata del Covid, che non era esattamente attesa. Come sta andando?
«L'epidemia sta riprendendo. Non tanto come gravità della malattia, quanto come numero di contagi. Prima il problema riguardava i posti letto in Rianimazione. Adesso, invece, vengono occupati in particolare i posti in area medica».
Chi sono le persone che oggi finiscono in ospedale?
«Si è tornati come all'inizio. Nel senso che in questo periodo vengono ricoverati soprattutto grandi anziani. Molti hanno anche più di 90 anni. Pur essendo difesi dal vaccino, quest'ultimo non dà loro la stessa protezione che invece garantisce ad altre persone».
Nelle ultime settimane, però, l'impennata dei contagi è stata guidata dai 30enni.
«Anche i giovani vengono colpiti. Ma in questi casi, a livello generale, il malessere dura uno, due o tre giorni. E poi il problema si risolve. Il vantaggio, se si vuole, è che così si sta rapidamente formando un'immunità di gregge naturale, oltre a quella della vaccinazione. In più, bisogna tener conto che molte persone con sintomi lievi non vanno a farsi il tampone ogni volta. E attraversano l'infezione senza nemmeno saperlo».
Gli appelli diretti agli over80 e alle persone fragili per la quarta dose del vaccino anti-Covid sono rimasti inascoltati. Solo il 10,7% degli anziani si è sottoposto alla nuova iniezione. Quanto ha inciso?
«Purtroppo sono davvero pochi quelli che l'hanno accettata. In certe situazioni avrebbe potuto essere veramente utile. Dopo la fine dell'emergenza, quando è stato smontato il grande sistema coordinato da Figliuolo, che garantiva una spinta notevole, tutti si è un po' afflosciato. C'è stato un crollo dell'attenzione eccessivo e troppo rapido».
Le mascherine non sono più obbligatorie. Lei consiglierebbe di continuare a usarle?
«Di regola, come medici delle Malattie infettive le utilizziamo anche al di fuori dell'ospedale. Ci sono varianti che si diffondono rapidamente. Le mascherine non possono bloccare tutto. Ma sicuramente possono rallentare la corsa del virus».
E oltre al Covid, come procede l'attività delle Malattie infettive?
«Sarebbe bello poter riprendere ad affrontare solo le problematiche che vedevamo prima dell'epidemia. Continuiamo a rispondere a tutte le richieste. A partire dalle infezioni delle valvole cardiache, delle protesi articolari, alle tubercolosi e così via. Ma si fa fatica. Il Covid ha messo tutto il sistema in grossa difficoltà».
 

Ultimo aggiornamento: 26 Giugno, 09:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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