I cinquant'anni di Dino: fra James Brown, Roberto Benigni e Simona Ventura

Giovedì 21 Novembre 2019 di Nicola Endimioni
I cinquant'anni di Dino: fra James Brown, Roberto Benigni e Simona Ventura
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VILLORBA -  Roberto Benigni chiamò nel cuore della notte, chiedendo di poter avere un tavolo per 30 persone entro un’ora. «Se lei è Benigni, io sono il Papa!» si sentì rispondere, ma poi l’equivoco si chiarì. Vasco Rossi telefonò per un tavolo da trenta e si presentò con settanta persone al seguito. Quando invece arrivò James Brown, una leggenda della musica, era quasi l’alba. La cucina di Dino e Anna l’hanno assaggiata tutti. Perché loro, da cinquant’anni, ci sono sempre. Come è accaduto a Benigni, Vasco, Venditti, Mannoia e tanti altri artisti. E come accade ogni giorno. O con il cliente dell’ultima ora. O quello che arriva a cucina appena chiusa.
 
GLI ESORDI
Dino e Anna capiscono le esigenze dei clienti, e cercano sempre di assecondarli. Lo fanno da 50 anni. Tanti ne sono trascorsi da quel 22 novembre del 1969, era un lunedì. Entrambi avevano solo 23 anni, ed erano marito e moglie da appena due giorni. Domani la coppia festeggerà le nozze d’oro, sabato mezzo secolo di attività insieme. «Ci siamo conosciuti a Pianezze, ero in vacanza in un hotel con la mia famiglia» racconta Anna (all’epoca dipendente in una tessitura). E sorridendo rivela: «Dino mi invitò a bere un caffè dopo cena. E lo fece quasi per scommessa con il titolare dell’albergo, dove lui lavorava come cuoco stagionale. Tra noi fu un colpo di fulmine e sulle ali della felicità in tre mesi ci siamo sposati e messi in proprio». L’amore, la passione, l’entusiasmo. Poi anche l’ambizione si scontra con la realtà. «Non tutto è stato facile – dice Dino - all’inizio abbiamo speso 5 milioni di lire per l’arredamento, e altrettanti per la licenza di ristorazione. Poi il costo dell’affitto, circa 130mila lire al mese. Per capirci erano gli anni in cui il prezzo del caffè era di 35 lire!». Alle prime serate la gente non manca. Anzi Dino e Anna sono soddisfatti. Ma giorno dopo giorno i clienti spariscono e il locale resta vuoto. Come mai? I vicini spiegano alla coppia che il loro ristorante sorge nello stesso stabile dove cinque anni prima era fallito un locale. E come spesso accade si fatica a rimuovere dalla memoria collettiva certe suggestioni e trasmettere l’idea che la gestione è cambiata, e che chi è subentrato non c’entra nulla con quanto accaduto. Dino e Anna non si danno per vinti. Si rimboccano le maniche, fanno anche altri lavori e Dino, l’uomo dal baffo inconfondibile, diventa il miglior promoter della sua trattoria.
LO SPORT
Ogni sera bazzica per gli ambienti sportivi e la sua pasta alla carbonara per gli atleti sfiniti dagli allenamenti è il piatto più gustoso che ci sia. «Il primo grande allenatore di calcio come cliente? Gigi Radice» ricorda Dino, che rivela un piccolo rammarico: «Non sono mai riuscito ad avere ospite Alessandro Del Piero». La trattoria che si afferma, la gioia per l’arrivo dei tre figli e poi la proposta di piatti semplici, quasi dimenticati dalla tradizione locale. «Quando ho aperto il locale, nessuno preparava più la “sopa coada” (zuppa di piccione). Gli ultimi a proporla, i titolari della trattoria Bessegatto a Porta San Tomaso. Erano i primi anni 60. Credo di avere il merito – conclude Dino – di aver recuperato quella ricetta. Ma al di là di tutto la cosa di cui vado più fiero è l’aiuto che io, e tanti tantissimi calciatori e sportivi della Marca, abbiamo dato a un giocatore del Treviso, colpito dalla leucemia. Giocava nella squadra di Guidolin. Era l’89-90. Quel giocatore si chiama Paolo Calamai. Treviso lo ha aiutato a vincere la sua partita più difficile».
Nicola Endimioni
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Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 10:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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