FARRA DI SOLIGO (TREVISO) - Le stalle ormai sono al collasso, e gli allevatori si vedono costretti ad abbattere i capi di bestiame. Sfamarli è diventato un lusso, come mantenerli. E se la loro produzione di latte si abbassa, l'unica soluzione è mandarli al macello. Tutta colpa del rincari, dall'energia ai mangimi, che stanno strozzando le aziende costringendole a prendere decisioni estreme.
È tutto in pericolo, un intero settore rischia di sparire
I COSTI DEI MANGIMI
I costi sono di fatto raddoppiati. Il mais è passato da 20 euro al quintale a 43-44 euro. Stesso discorso per la soia macinata che da 35 euro al quintale è schizzata a 65 euro. «E vogliamo parlare del gasolio utilizzato in agricoltura? - chiede ironico Brugnera - Dai 60-65 centesimi al litro di qualche tempo fa siamo passati nel giro di un paio di settimane a 1,40, ben più del doppio. E nonostante questi rincari il prezzo del latte è rimasto lo stesso». Già, il latte è fermo a 37 centesimi al litro. A decidere è ancora la grande distribuzione, ma resta da capire per quanto visto che l'intera filiera ormai è intaccata da rialzi fuori mercato. «Guardate che il carrello della spesa potrebbe ritrovarsi vuoto - tuona il presidente della Latteria Soligo - Per poter sostenere la produzione il latte dovrebbe aumentare in questo momento di 15-20 centesimi, non si parla più di qualche centesimo di aumento. Il mangime sembra diventato più caro dell'oro, e senza prodotti gli animali non vengono alimentati».
LE SOLUZIONI
Secondo Brugnera le soluzioni a breve termine per frenare l'effetto domino sono principalmente due: calmierare i prezzi dell'energia per la filiera agroalimentare e rendere remunerativo anche in Italia la coltura di mais e mangimi. Poi, quando saranno finite le scorte europee, l'unica alternativa è riprendere in mano il tema degli Ogm «Anche questo è un ragionamento che dovrà essere affrontato» conferma Brugnera, che però non ha alcuna intenzione di mollare: «Dentro di me si sta facendo strada una voce che mi dice di chiudere tutto, ma questo è un lavoro che io, la mia famiglia e i miei collaboratori facciamo da 50 anni e vogliamo continuare a farlo. Siamo innamorati di questo lavoro ma non si può essere innamorati senza soldi perché senza soldi non si va da nessuna parte». Ma a differenza di Brugnera ci sono allevatori che stanno seriamente pensando di lasciar perdere.