I 70 anni di Red Canzian: «La mia vita in continuo movimento» E stasera cena da Celeste

Martedì 30 Novembre 2021 di Elena Filini
Red Canzian ha compiuto 70 anni

TREVISO -  «Stasera vorrei a cena, 70 amici. Uno per ogni anno della mia vita». La festa, in teoria dovrebbe essere a sorpresa. Ma Red Canzian ha già intercettato le informazioni più importanti. Si va da Celeste, che ha seguito la vita e la carriera dell’ex bassista dei Pooh. La torta è un capolavoro di Ernst Knam. Il regalo vero arriva invece il 21 gennaio col debutto di Casanova Opera Pop. E il sogno di Red autore si avvererà. Settanta candeline per il musicista trevigiano, all’anagrafe Bruno Canzian. Un tempo fertile, ricco di successi, in cui Treviso ha potuto ritagliarsi un ruolo nella scena del pop europeo. La cifra tonda fa un po’ sensazione. «Ma finchè la mente viaggia leggera non ci si pensa. Mi accorgo che ho mille pensieri, sono sempre in fermento. Non so cosa significhi sentirsi pensionato. A me manca sempre un’ora per finire la giornata».


Treviso, oggi per lei è l’alfa e l’omega.
«Ho provato a fare la rockstar che abita a Milano, ma alla fine io sono un ragazzo di campagna. Sono nato qui, sulle sponde del Sile. Noi eravamo una famiglia umile, vivevamo in affitto a villa Borghesan a Quinto di Treviso. Non c’era neanche il riscaldamento. Era una villa meravigliosa. Sono cresciuto con queste cornici di gesso, enormi quadri, stucchi. Il Palladio e il Canova fanno parte della mia vita. Ho un loft a Milano ma ci vado perché è nello stabile dello studio, non ho nessuna voglia di abitare a Milano».


Guardando al Red bambino, qual è il sentimento che le ispira?
«Tenerezza. Avevo 13 anni quando ho deciso di fare la rockstar. Ma allora lo sapevo solo io. Ce n’è voluto per convincere anche gli altri!».


Ma come ha avuto l’illuminazione?
«Ero a Jesolo in spiaggia, avevo una chitarra ma conosceva 3 accordi. Ho attaccato “Una bambolina che fa no”, le ragazze sono arrivate in massa. Li ho deciso! Ma soprattutto perché la musica mi ha sempre fatto vibrare delle corde profonde».


Poi però è partito per Londra...
«Non avevo una lira, ricordo che un amico, giornalista di Ciak 2001 mi ospitava a casa sua. Io volevo respirare l’aria dei Beatles, vestire come loro. Il secondo viaggio lo feci con Franco Battiato».


C’è una foto in cui sembra Damiano dei Maneskin.
«Mi hanno recentemente chiesto cosa pensi di loro. Tutto il bene possibile. Anch’io a 20 anni ero molto rock».


La svolta della carriera avvenne a Treviso...
«Ogni volta che passo da piazza Giustiniani ho un tuffo al cuore. Lì Aldo Varischio costruì il Paiper (sic) New Time quasi per il mio gruppo, i Capsicum Red. Ogni week-end si radunava la meglio gioventù dal Veneto. Sono stati due anni di allegria e di speranze. Noi desideravamo che succedesse qualcosa, e di fatto avvenne. Un discografico ci ascoltò e ci portò a Milano».


Poi, fortuna o destino, fu chiamato dai Pooh per rimpiazzare Riccardo Fogli, che aveva scelto la carriera da solista.
«Ho portato la mia anima rock in un gruppo pop melodico. Non ho mai tradito me stesso, e il nostro successo nasce proprio dal giusto mix».


Anni dannati, tra sesso e droga?
«Droga proprio no. Ho fumato una canna una volta e sono stato malissimo! Sull’altro discorso..beh, avevamo 20 anni e vivevamo nell’epoca del libero amore».


Da Loredana Bertè a Patti Pravo, tanti i flirt che le sono stati attribuiti.
«Sono stati anni intensi, è vero. La cosa che mi fa più piacere è di avere bellissimi ricordi e di aver lasciato bellissimi ricordi. Ci si voleva bene, non c’erano sovrastrutture, io sono stato sempre onesto. Ho preso poche fregature, e quasi sempre dagli uomini. Mai dalle donne».


Qual è stato il periodo magico per i Pooh?
«Dal 1978 al 1982 sono stati 4 anni pazzeschi. Siamo passati dalle balere ai teatri, poi ai palazzetti dello sport fino agli stadi. Facevamo anche 25 mila persone a sera».


Negli anni 80 nasce anche la sua presa di posizione su temi etici e ambientali.
«Ho smesso di mangiare carne, poi sono diventato vegano. E dal palco cercavo di risvegliare la sensibilità del pubblico. Noi Pooh proponemmo per primi l’uso di carta riciclata all’Afi (Associazione Fonici italiani). L’unico che si allineò, ricordo, fu Francesco De Gregori».


Il Covid le ha portato via un amico.
«Stefano era un fratello, un amico, un complice. L’ultima volta che ci siamo incontrati è stato nel mio studio a Milano, abbiamo registrato delle cose insieme, che spero di poter pubblicare prima o poi. Ho visto che non stava bene, ma ci prendevamo in giro. Era autoironico, non lo beccavi mai in castagna. Ancora non ci siamo ripresi. Ingenuamente pensavamo che noi Pooh saremmo volati via tutti insieme».


Anche lei ha temuto negli scorsi anni...
«Per fortuna ne sono uscito e oggi sto bene».


Come definirebbe oggi il suo stile di vita?
«Sano, ma senza integralismi. Da 14 anni ho smesso di fumare, ed è stato uno dei momenti più importanti della mia vita. Da 30 anni non mangio carne».


Qual è il suo luogo del cuore a Treviso?
«Ho riscoperto la mia città, la amo molto. Sta ritornando bella con i suoi bacari, ritrovo una vita che mi mancava dagli anni Sessanta. Treviso per me non deve essere 2.0, ma conservare quell’anima di rivoli d’acqua e mulini, deve andare un po’ piano. Treviso è gioia, piacere, gusto. Oggi il mio luogo del cuore è il Teatro Mario Del Monaco. Perché lì ho visto nascere quello che per me è un figlio, Casanova Opera Pop».


Il titolo debutta il 21 gennaio al Teatro Malibran di Venezia.
«Ma a fine febbraio saremo 4 giorni al Teatro Mario Del Monaco. Ci tenevo a farlo qui, nel teatro dove Casanova è nato. Voglio coinvolgere la città che amo e mi ama, vorrei regalare quattro sere di magia a Treviso. E’ un sogno che diventa realtà».

 

Ultimo aggiornamento: 07:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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