Dalla questura di Treviso alla corte dell'Aja: Aitala, il giudice che ha Putin nel mirino

Giovedì 14 Aprile 2022 di Paolo Calia
Rosario Aitala

TREVISO - A metà degli anni Novanta è stato il più giovane dirigente della questura trevigiana, un capo di gabinetto operativo, braccio destro di questori che hanno lasciato il segno come Nicola Izzo e Armando Zingales. Adesso Rosario Aitala, passato dalla carriera in polizia alla magistratura, è il giudice incaricato dal tribunale internazionale dell'Aja, come componente della corte penale, di valutare i crimini di guerra commessi in Ucraina dai soldati russi di Vladimir Putin.

LA CARRIERA
Aitala, attualmente anche professore di diritto internazionale penale alla Luiss, è entrato in polizia nei primi anni Novanta e dal 1994 al 1997 è stato a Treviso.

Arrivato come commissario, a meno di 30 anni, ha poi rapidamente scalato le posizioni fino a diventare capo di gabinetto. Il più giovane ad aver ricoperto un incarico così strategico. Ha poi lavorato, come giudice, a Milano, Trapani, Roma. Nel suo curriculum trovano grande spazio i tanti incarichi ricoperti all'estero. Prima di approdare all'Aja è stato consigliere per le crisi e la criminalità internazionale del ministero degli Esteri in Albania, Afghanistan, Balcani e America Latina e consigliere per gli affari internazionali del presidente del Senato Piero Grasso. È attualmente anche componente della commissione sui crimini di guerra voluta dal ministro della Giustizia Marta Cartabia.

NELLA MARCA
Aitala ha lasciato tanti ricordi nel trevigiano, un legame che nonostante gli anni non si è mai affievolito. Una carriera la sua costruita tra i libri e le indagini condotte sul territorio, andando per le strade come ogni buon investigatore che si rispetti. Nel giugno del 1996 ha trattato per tre ore con due banditi che avevano fatto irruzione nella villetta di Bruno Marchetto, orefice residente in città, tenendolo in ostaggio assieme ai due figli. Due balordi, ma armati. E pronti a tutto. La villetta venne circondata da poliziotti, cecchini, con l'elicottero dei carabinieri a sorvolare radente i tetti della città. Consapevoli di essere in trappola, i banditi chiesero di parlare con un giudice per trattare il rilascio degli ostaggi. Aitala si fece avanti: «Sono un giudice», disse mentendo un po', ma nemmeno tanto visto che aveva appena superato, a pieni voti, l'esame per entrare in magistratura. Però funzionò. E, dopo una mediazione estenuante, li convinse a uscire e a liberare tutti: «È finita bene - disse in un'intervista al Gazzettino - ma il merito è soprattutto degli agenti. Per me era una situazione nuova. Di quelle che in una carriera possono anche non capitare mai». Mentre era in casa, con i rapinatori davanti, si fece di passare di nascosto dalla finestra una pistola: «Temevo sarebbe stato necessario usarla». Fortunatamente non servì.
I trevigiani ricordano Aitala anche per un altro episodio, uno dei lutti scolpiti nella memoria collettiva della città: la morte dei quattro agenti delle volanti rimasti vittima di un incidente stradale lungo la Pontebbana mentre stavano sfrecciando in soccorso di alcuni colleghi in difficoltà nel sedare una rissa. Il 27 gennaio del 1998, a San Nicolò, si celebrò il funerale di Stato. Le quattro bare allineate ai piedi dell'altare, le massime autorità di Polizia e Carabinieri in prima fila. E Aitala, all'epoca capo di gabinetto, si mise in mezzo agli agenti delle volanti e si caricò in spalla uno dei feretri. Gesto che colpì molto.

L'INCARICO
Adesso toccherà a lui incardinare il fascicolo incentrato sulle nefandezze commesse dalle truppe russe inviate da Putin in Ucraina. Sarà lui ad accertare le responsabilità delle bombe lanciate contro l'ospedale pediatrico di Mariupol, la città martire simbolo del conflitto; dovrà giudicare sulle fosse comuni, gli stupri, le deportazioni, le violenze contro la popolazione civile, i saccheggi, le esecuzioni sommarie capitate in tutti i territori invasi. Compito da far tremare i polsi.
 

Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 11:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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