Le case chiuse di "Cae de Oro". Gentilini: «Meglio dei bordelli a cielo aperto di oggi»

Venerdì 2 Dicembre 2022 di Paolo Calia
Una vecchia immagine della zona della Cae de Oro, il luogo che fino al 1944 era la zona della prostituzione in città
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TREVISO - «Guai a condannare la nostra storia, a dimenticarla. La Cae de Oro, con le sue case chiuse, rappresentava la civiltà e la cultura di allora. Era una parte della Treviso di quei tempi». Giancarlo Gentilini, per dieci anni sindaco di Treviso e per altrettanti vice, sul tema prostituzione ha sempre avuto le idee chiare: da condannare e reprimere ogni tipo di sfruttamento, ma piena libertà a chi ritiene di potersi guadagnare da vivere legittimamente col proprio corpo. I “casini” poi fanno parte integrante della sua gioventù e invita a giudicarli con i parametri di allora, non con gli occhi di oggi. «Anche quella è una parte della nostra storia», ripete.


Gentilini, nel quartiere della Cae de Oro di inizi del Novecento l’attività principale era la prostituzione.
«Era la civiltà di allora.

Quartieri del genere non c’erano solo a Treviso, ma in tutta Italia. La prostituzione era legale. Sa cosa diedero in premio agli alpini che entrarono ad Addis Abeba?».


Lo dica lei...
«Portarono 10 prostitute italiane e i soldati si misero disciplinatamente in fila perché avevano l’ordine di non toccare le donne del posto. E nessuno si stupiva. Tornando a Treviso non ricordo che nel 1939, ‘40, ‘41, ‘42, ‘43 e in tutti quegli anni lì ci siano mai state lagnanze da parte di nessuno».


Le donne venivano sfruttate.
«Alla Cae de Oro, come da altre parti, era tutto autorizzato e controllato. C’era il benestare delle autorità cittadine, politiche ed ecclesiastiche. Funzionava così. Oggi è cambiato tutto. Oggi sì che si potrebbe parlare di prostituzione. Ma allora no. Pensi che era il Comune a stabilire le tariffe e poi si prendeva una percentuale come tassa».


Lei all’epoca era giovane: ha frequentato i bordelli della Cae de Oro?
«Certo, non ho difficoltà ad ammetterlo. Ma i tempi erano quelli, la società quella. Alla Cae de Oro c’erano i bordelli più a portata della gente, in via Marzolo in città quelli per i più ricchi dove, si dice, sia nato il tiramisù come dolce per aiutare clienti e ragazze. Era la società dell’epoca».


I documenti però ci rimandano storie di ragazze disperate...
«Guardando quegli anni con gli occhi di oggi si può pensare allo sfruttamento. Certe situazioni, oggi, sono impensabili. Ma non dobbiamo demonizzare o condannare nessuno. A quel tempo l’intera società era organizzata in modo diverso, impossibile giudicare col metro di oggi. Le ragazze della Cae de Oro erano comunque seguite. Ricordo di un albergo a Revine Lago che, dopo quindici giorni di lavoro, le ospitava per riposarsi. All’epoca funzionava così. Chi critica oggi deve tenerne conto».


Lei sarebbe favorevole alla prostituzione legalizzata?
«Piuttosto di vedere il bordello a cielo aperto di oggi formato da quelle povere ragazze costrette a stare ai bordi delle strade, meglio le case chiuse ma sotto il controllo delle autorità».


Ma è sempre prostituzione...
«Più che altro luoghi dove una donna che decide di fare quel tipo di professione, possa farlo senza alcuna costrizione, venendo regolarmente retribuita per le sue prestazioni e pagando le tasse. Io da sempre sono dell’idea che ognuno del proprio corpo può fare ciò che vuole, a patto che lo faccia liberamente e senza essere costretto o sfruttato da nessuno».
 

Ultimo aggiornamento: 16:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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