Dalla denominazione alle colline Unesco: ecco le 8 mosse con cui l'Italia prova a bloccare il Prosek

Mercoledì 10 Novembre 2021 di Angela Pederiva
I molti marchi che copiano le eccellenze italiane

VENEZIA - Sono 8 le mosse con cui l'Italia punta a dare scacco matto alla Croazia. Si tratta dei motivi tecnico-giuridici contenuti nel dossier di 14 pagine che ieri, 9 novembre, il ministero delle Politiche agricole ha inviato alla Commissione europea, a difesa del Prosecco nell'opposizione alla richiesta di riconoscimento del Prosek. «È a rischio il sistema-Paese», ha affermato il ministro Stefano Patuanelli, tanto che il sottosegretario Gian Marco Centinaio è arrivato a specificare: «Se l'Europa apre una falla così grossa, saranno a rischio 837 denominazioni e 300 consorzi di tutela».

L'INCOMPATIBILITÀ
Il primo è un argomento di incompatibilità con le norme sulle menzioni tradizionali per via dell'omonimia: «Prosek è la traduzione in lingua croata del nome Prosecco, che corrisponde in tutto o in parte al nome» delle tre Dop italiane, cioè la Doc, la Docg di Conegliano e Valdobbiadene e quella dei Colli Asolani, per cui bisogna «evitare ogni possibile confusione nel consumatore» tra le denominazioni, nonché «con i nomi delle varietà di vite».
Il secondo punto attiene alle colline trevigiane, inserite nella lista del patrimonio mondiale Unesco, la cui tutela «è garantita in primo luogo dalle norme del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg che favoriscono il mantenimento dei vigneti, dei ciglioni e di altri attributi fondamentali per il mantenimento delle tradizioni locali e per la tutela della biodiversità agricola e dei servizi ecosistemici associati».
Il terzo elemento riguarda la tutela delle Dop e delle Igp, che deve essere assicurata dalle istituzioni e dalle autorità dell'Unione europea e degli Stati membri. Al riguardo viene segnalato che «dal 2009 al 2012 alcune partite di vini croati designati con Prosek sono state illecitamente commercializzate in alcuni Paesi dell'Ue (Germania, Belgio, Repubblica Ceca, ecc.)». Inoltre l'accoglimento della richiesta Proek si porrebbe in contrasto con le iniziative portate avanti dalla Commissione europea nell'ambito delle trattative con Brasile, Australia, Nuova Zelanda e Cile.
A proposito di negoziati, il quarto fattore concerne quelli di adesione della Croazia all'Unione europea.

All'epoca venne avanzata proprio la richiesta sul vino passito, ma «su opposizione dell'Italia non fu accolta, tant'è che non è stata recepita nei regolamenti e nelle decisioni relative al trattato di adesione».

I PRECEDENTI
Parlando di precedenti, il quinto tema richiama la vicenda Tokaji, quando fu invece l'Italia a dover rinunciare al vitigno Tocai, designandone i vini Friulano e Tai, in quanto la Corte di giustizia Ue affermò «la prevalenza della protezione della denominazione d'origine rispetto all'uso in etichettatura del nome di una varietà di vite omonima».
Connessa a questa riflessione è la sesta ragione: nella diatriba tra Champanillo e Champagne, gli stessi giudici europei hanno sentenziato che «non si può evocare una Dop quando l'uso di una denominazione produce, nella mente di un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, un nesso sufficientemente diretto e univoco tra tale denominazione e la Dop».
La settima argomentazione chiama in causa la normativa sulla provenienza degli alimenti: insinuando l'idea di un'origine italiana, «Prosek si configura quale falsa e ingannevole indicazione nei confronti dei consumatori».
L'ottavo e ultimo dato cita la ragionevole durata del procedimento. Secondo l'Italia, risultano violati «certezza del diritto e tutela dell'affidamento», poiché la domanda di protezione della menzione tradizionale Proek è stata ricevuta dalla Commissione europea l'11 dicembre 2013 ed è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale solo il 22 settembre 2021, «a distanza di circa 8 anni».
 

Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 09:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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