Il Piave e la grande fuga: migliaia
di sfollati nel buio dei blackout

Martedì 30 Ottobre 2018 di Angela Pederiva
Il Piave e la grande fuga: migliaia di sfollati nel buio dei blackout
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SUSEGANA (TREVISO) - Un secolo dopo, il Piave non mormora più: ruggisce, minaccia di esondare, terrorizza. Solo in serata il livello è iniziato a scendere seppur lentamente e sarà così fino alle 11 di domani mattina, mercoledì.

Nel giorno in cui il Nordest è stretto nella morsa del maltempo (un morto per il vento a Feltre, migliaia di residenti sfollati in Veneto, centinaia di abitanti isolati in Friuli, 160.000 utenze prive di energia elettrica solo fra le province di Belluno e Treviso, a Venezia record di acqua alta a 156 centimetri), il fiume sacro alla patria fa paura per un altro possibile centenario. Soprattutto qui, a Ponte della Priula, dove il viadotto storico è chiuso da maggio per il restauro e la viabilità alternativa è interdetta da domenica per il meteo, visto che l'acqua prima ha inondato le rampe di accesso al Bailey e poi ha rosicchiato la terra di sostegno e l'asfalto del manto, aprendo un'inquietante voragine nella carreggiata.
 



«La statistica evidenzia il governatore Luca Zaia dice che nell'arco di 100 anni è altamente probabile un ritorno della piena storica e l'ultima è stata nel 1966»: come a dire che ogni autunno che passa, e da allora ne sono già trascorsi 52, il rischio matematicamente aumenta, tant'è vero che i 500 millimetri di pioggia caduti mediamente nell'arco di 48 ore sono ritenuti dagli esperti un dato comparabile proprio con quello della Grande Alluvione.

PONTE INGHIOTTITO DAL FIUME PIAVE 
 
 

 
I NUMERI
Volendo identificare un simbolo di questa emergenza meteorologica, potrebbe essere proprio il Piave, una fisarmonica naturale che in piena estate si restringe a rigagnolo e verso l'inverno può allargarsi a dismisura, come sta succedendo adesso (a Longarone in serata è entrato in zona industriale). «Questo corso d'acqua è in grado di passare da 0 a 3.000 metri cubi al secondo in 10 o 15 ore», annotava Francesco Baruffi, segretario generale del distretto di bacino delle Alpi Orientali, facendo il punto sulle azioni per la sicurezza idraulica dell'asta: 505 interventi di mitigazione programmati dal 2010 al 2017, per oltre l'80% già conclusi e per un costo totale di quasi 109 milioni di euro, stanziati dalla Regione e dallo Stato. La sequenza di misurazioni del transito all'idrometro di Segusino rende perfettamente l'idea: domenica sera 1.350 metri cubi al secondo, lunedì mattina 650, nel tardo pomeriggio 1.270 ma in crescita. Poi a sera, dopo ore di diluvio, 2.000 a Busche. Scatta così lo sgombero notturno lungo tutta l'asta: da Colfosco a Ponte della Priula, da Maserada a Breda, da Salgareda a Ponte di Piave, da Zenson a San Biagio di Callalta, gli evacuati sono 1.500 solo nel Trevigiano. Se i numeri hanno una forma, deve assomigliare a questa ondata limacciosa e fragorosa che dall'alveo consueto si è estesa all'area golenale allagando strade e campi, al punto da dare l'impressione che gli alberi cresciuti negli isolotti di ghiaia galleggino in mezzo a un mare. Al di qua e al di là di questa distesa di acqua e fango, invece, è solo paralisi e silenzio: gli sbarramenti stradali lungo la Pontebbana, sulla sponda sinistra che compete a Susegana e sulla riva destra che spetta a Nervesa della Battaglia, sono una frattura che spezza in due la Marca. 

I CURIOSI
La polizia locale e la protezione civile bloccano il traffico, danno le indicazioni, raccolgono gli sfoghi, rincorrono i curiosi. Complice anche la chiusura di tutte le scuole e di alcune aziende (da oggi si ferma pure Electrolux), singoli camminatori e intere famiglie sbucano dagli argini circostanti, si inerpicano sui cigli melmosi e salgono sul bypass provvisorio, ignorando divieti e appelli per fotografare il flusso impetuoso che scorre sotto i loro piedi dopo essersi mangiato il terrapieno e divorato il bitume, lasciando penzolare nel vuoto i pali di acciaio. «Questa eventualità era stata messa nel conto spiega il sindaco Vincenza Scarpa proprio nel caso di una piena. Aspettiamo a vedere cosa succede nelle prossime ore, dopodiché l'Anas è già stata incaricata di effettuare un sopralluogo. Da quello che mi hanno già riferito i tecnici, comunque, dovrebbero bastare un paio di ore di lavoro per riempire il buco e rifare la pavimentazione. Ma nel frattempo la circolazione resta bloccata, con le deviazioni verso gli altri ponti». Nel tentativo di stemperare il fastidio per i disagi, qualcuno ha fatto girare sulle chat una vignetta con Donald Trump che, a bordo di una golf car, chiede consiglio a un passante scimmiottando il dialetto di qua: «Scolta, ne convien andar par Vidor o par Maserada?».

IL PROGETTO
Battute a parte, restano però i serissimi modelli idraulici elaborati dal professor Luigi D'Alpaos, padre del piano anti-alluvioni del Veneto, con quel rischio centenario di piena storica rispetto alla condizione di quasi secca. «Se venisse giù la piena storica ribadisce il concetto Zaia le piante andrebbero a fare da diga incastrandosi sotto i ponti.
Per questo i sindaci e gli ambientalisti devono farsene una ragione: bisogna pulire il letto del Piave, tagliando la vegetazione che è venuta su spontaneamente, altrimenti finisce per mettersi di traverso e fare da tappo». Una necessità che si aggiunge ad intervento strutturale, «finalmente in fase di progettazione dopo tante battaglie burocratiche», sottolinea il governatore: la diga di Ciano del Montello, un'opera dal costo di 54 milioni di euro e dalla capacità di 40 milioni di metri cubi. Alla fine dello scorso anno, infatti, il ministero dell'Ambiente ha deciso di finanziare con 1,6 milioni il progetto esecutivo delle prime casse di espansione contro le piene del Piave: quelle di Ciano, appunto, nel territorio comunale di Crocetta del Montello. Il Piano stralcio redatto dall'Autorità di bacino ipotizzava un serbatoio (a Falzè) e quattro bacini di laminazione (a Ponte di Piave, Papadopoli, Spresiano e Ciano). Si parte da quest'ultimo, pensato per consentire una decapitazione del colmo di piena alla velocità di 500 metri cubi al secondo e per raccogliere 35-40 milioni di metri cubi di acqua, circa la metà dei 70-80 che secondo gli esperti sarebbe necessario sottrarre al Piave ogni volta che rischia l'esondazione. Cioè quando? «Personalmente spiegava D'Alpaos ancora a dicembre avevo stimato la capacità di portata in 3.000 metri cubi al secondo a valle di Ponte di Piave, ma altri l'hanno calcolata in 2.200-2.300, il che significherebbe trattenere a monte dei volumi ben superiori. Per questo colgo positivamente il proposito di commissionare una valutazione condotta secondo criteri ingegneristici, perché non abbiamo certo bisogno di improvvisatori». A fare le bizze, del resto, sono già il cielo e il fiume. Anche se a notte il Piave prova a darsi una calmata, stabilizzandosi a quota 1.300. Oggi è un altro giorno e si vedrà.

Ultimo aggiornamento: 31 Ottobre, 11:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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