Pensioni, cifre in picchiata nella Marca. Ben 10 milioni in meno ai pensionati

Giovedì 22 Dicembre 2022 di Mattia Zanardo
Taglio delle pensioni a Treviso

TREVISO - Oltre dieci milioni di euro in meno nelle tasche dei pensionati trevigiani nei prossimi due anni. Ma anche, in proporzione, meno risorse a disposizione dell'economia e dei servizi pubblici del territorio, sotto forma di minor capacità di spesa dei cittadini e minor imponibile per gli enti locali. È l'effetto della riforma previdenziale contenuta nella nuova legge di Bilancio messa a punto dal governo Meloni sulle 225.355 pensioni erogate nella Marca, secondo uno studio dello Spi Cgil provinciale. Se le misure in discussione in questi giorni saranno definitivamente approvate, calcola il sindacato dei pensionati, circa 60mila trattamenti, dai 2.101 euro lordi mensili in su, vedrebbero ribassata la rivalutazione, ovvero l'adeguamento al costo della vita.

Il taglio alle pensioni

Rispetto al meccanismo attualmente in vigore, il taglio equivale a più di 4 milioni e mezzo di euro totali per il solo 2023 (al netto di quanti, invece, percepiranno un assegno più alto). Considerando che il provvedimento avrebbe validità biennale e stimando il cosiddetto trascinamento, a fine 2024 il risparmio per l'Inps supererebbe i dieci milioni di euro complessivi. «Ancora una volta si fa cassa sulla pelle dei pensionati - sintetizza Paolino Barbiero, dello Spi - Parliamo, per la sola provincia di Treviso, di circa 7 milioni di euro netti tolti a chi ha versato 40 anni di contributi». Va precisato che non tutti subiranno una rivalutazione decurtata. Le pensioni minime (15.645 nella Marca ad oggi), oltre al 7,3% stabilito dal decreto Giorgetti, riceveranno in media 8 euro in più. «Briciole. Il governo Draghi, ad esempio, ha disposto 350 euro in più nel 2022 per le pensioni entro una certa soglia», attaccano dalla sigla sindacale. Per la quale, peraltro, l'annunciata ipotesi di applicazione di questo aumento solo agli ultra 75ennni «è fortemente discriminatoria, addirittura incostituzionale». Per altre 150mila pensioni circa, tra 525,38 e 2.100 euro lordi mensili, non cambierà nulla e la perequazione rimarrà invariata. Tutte le fasce superiori, invece, da febbraio o marzo rischiano fortemente di vedersi accreditati versamenti sì rivalutati, ma in misura minore a quanto previsto finora. I 27.382 titolari di pensioni fino a 2.626 euro, ad esempio, ci rimetteranno 31 euro al mese, con un aumento ridotto da 187 a 156 euro. E, oltre al danno, avranno pure una piccola beffa, visto che, a differenza degli altri, riceveranno inizialmente un acconto secondo il vecchio calcolo, per poi scendere alla nuova cifra. L'aggiornamento dimagrirà di 97 euro per i trattamenti fino a 3.152 mensili, 122 fino a 4.203, 147 fino a 5.253, 169 per gli assegni più alti.

In fondo, si potrebbe obiettare, rimangono comunque cifre di una certa consistenza: «Si tratta di importi lordi - replica Barbiero - I 2.500, ad esempio, diventano 1.900 netti, anzi ancora meno perché vanno sottratte le addizionali. Soprattutto, qui non ci sono vitalizi d'oro: le pensioni più elevate sono frutto di versamenti elevati fatti durante la carriera lavorativa».

Le ricadute

Il tema sarà al centro anche del congresso dello Spi Treviso in programma oggi, 22 dicembre. «È un gioco delle tre carte - afferma Mauro Visentin, segretario generale della Cgil provinciale - si prendono i soldi da chi ne ha diritto, per spostarli solo in minima parte verso le pensioni basse, mentre così si finanziano soprattutto le promesse elettorali di abbassare le tasse a professionisti e partite Iva. Servirebbe, invece, una redistribuzione più equa della ricchezza». E, secondo Barbiero e Visentin, a perderci non saranno solo i pensionati: il minor reddito dei trevigiani in quiescenza comporterà in automatico un minor introito pari a 123mila euro per l'addizionale regionale Irpef e di 60mila euro per le addizionali comunali. «Ci piacerebbe sapere cosa pensano i sindaci di questi minori trasferimenti indotti - ribadiscono i sindacalisti - Questa manovra rischia di instaurare un circolo depressivo, impoverendo lavoratori e pensionati, e di conseguenza anche i consumi, proprio nel momento in cui aumentano inflazione e bollette».

 

Ultimo aggiornamento: 17:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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