TREVISO - È una vera e propria odissea burocratica, oltre che personale, quella che da mesi sta vivendo sulla propria pelle un 86enne ex carrozziere trevigiano impossibilitato ad incassare la propria pensione in quanto ritrovatosi con il conto corrente bloccato dalla banca a seguito della morte dell'amata moglie avvenuta lo scorso mese di agosto. Da quel momento, già complicato per sua natura, è iniziato un vero e proprio calvario per l'86enne A.M. che, con il sostegno della figlia, ha iniziato una lunga e complicata battaglia legale con l'obiettivo di continuare a percepire la propria modica pensione versata dall'INPS, da tempo sua unica fonte di sostentamento.
La moglie muore, conto bloccato e niente pensione
«Il mio cliente, fino ad agosto 2022, possedeva un regolare conto corrente cointestato con la moglie nel quale mensilmente veniva versata la sua pensione INPS - spiega l'avvocato Andrea Zanioli.
Casa all'asta
L'uomo, tra le altre cose già cardiopatico, risulta perciò oggi molto provato sia fisicamente che psicologicamente da tutto lo stress accumulato nelle ultime settimane, anche perché senza pensione non è in grado di provvedere autonomamente al pagamento delle tasse e delle bollette di acqua, luce e gas (tutti servizi ora a rischio interruzione). Il tutto aggravato anche dal fatto che la casa dove attualmente vive è stata recentemente aggiudicata all'asta. «Come famiglia siamo molto arrabbiati afferma la figlia dell'uomo -. Riteniamo, infatti, che non sia giusto che una persona di 86 anni venga privata del legittimo diritto di percepire la pensione che è anche l'unica sua fonte di sostentamento. Per questo mio padre si sente un cittadino di serie B. D'altronde lo hanno annullato come persona avendo calpestato i suoi diritti». Vista la particolarità e delicatezza della situazione, del caso se ne sta ora per occupare anche il Comitato Inps provinciale con in testa il presidente Paolino Barbiero della CGIL: «Non è accettabile che le banche non intendano aprire un conto corrente a questo uomo, così come non è ammissibile che l'INPS non trovi un modo alternativo per far recapitare la pensione all'86enne. L'inghippo burocratico può succedere, per carità, ma non si possono attendere mesi per risolvere il problema. Non può essere il soggetto debole a pagarne le conseguenze».