Chiude la Pasticceria 300, dipendenti licenziate. Bepi: «Ma non mollo»

Sabato 7 Dicembre 2019 di Mauro Favaro
Chiude la Pasticceria 300, dipendenti licenziate. Bepi: «Ma non mollo»
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TREVISO - La pasticceria 300 ha chiuso i battenti. Domenica lo storico locale di viale Monfenera ha definitivamente abbassato le serrande. Le sette dipendenti che lavoravano all’interno sono state licenziate. Se ne va così un altro pezzo di storia di Treviso. La pasticceria stava per compiere 55 anni. Era stata aperta nel 1965. Ed era via via diventata un vero e proprio punto di riferimento per dolci, torte, biscotti, cioccolatini e, in particolare, per la sua Millefoglie, conosciuta in tutta la provincia.

LO SFOGO «Gli artigiani sono costretti a fare i conti con sempre più problemi legati alla pressione fiscale, alla burocrazia e alle associazioni di categoria che sono inesistenti – scandisce il titolare, Giuseppe Zamparo, 51 anni, uno dei maestri della pasticceria trevigiana – per non parlare poi dell’affitto dei 200 metri quadrati del locale in viale Monfenera. Una cifra che non si riesce nemmeno a immaginare, pari anche al doppio degli affitti che ci sono dentro le mura di Treviso».

Ma non tutto è perduto. C’è ancora uno spiraglio. La pasticceria 300 non sarà più come l’hanno conosciuta i trevigiani in oltre mezzo secolo di storia. Però potrebbe ripartire con una nuova gestione: «Ci sono delle proposte – rivela il pasticcere che ha portato avanti il locale negli ultimi vent’anni – se l’operazione non si concluderà nel giro di una ventina di giorni, però, tornerò ad aprire io. Non ci sono alternative. Intanto ho scritto un cartello per dire che il locale è chiuso».

CONSEGUENZE. Le dipendenti, comunque, sono già state licenziate per chiusura dell’attività. «I locali diventano pezzi di storia solo quando chiudono.
Mentre ci si impegna per tenerli vivi, lavorando anche venti ore al giorno, non interessano a nessuno – si sfoga il titolare – vent’anni fa avevamo come concorrenti le altre pasticcerie. Invece adesso i concorrenti sono i bar. Non solo. Pure le edicole si sono messe a vendere cioccolatini e caramelle. Non dovrebbe essere consentita una cosa del genere. Per gli artigiani è un’impresa impossibile confrontarsi con locali che si riforniscono attraverso l’industria dei prodotti congelati e che poi provano a cucinarli, con successi discutibili
».
Zamparo, infine, mette nel mirino anche le campagne per la raccolta di fondi e le sensibilizzazioni:
«Ci sono associazioni come l’Ail che vanno in piazza a vendere piante, arance e uova di cioccolata. Sono tutte risorse che mancano agli artigiani – conclude senza nascondere l’amarezza – discorso simile per quanto riguarda la campagna che era stata lanciata a sostegno di Melegatti. Non aveva una ragione. Così ha poco senso. E alla fine anche nel periodo di Natale il margine per le pasticcerie è diventato sempre più risicato».
Ultimo aggiornamento: 9 Dicembre, 10:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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