Barista morta suicida, verso il rinvio a giudizio del marito per maltrattamenti

Venerdì 4 Dicembre 2020
Il Bar di Ormelle dove lavorava Tamara Sartor morta suicida il 27 novembre del 2017

ORMELLE - Svolta nel caso di Tamara Sartor, la donna trovata morta impiccata nel suo appartamento di Ormelle a fine novembre del 2017. Il pubblico ministero Anna Andreatta ha chiuso le indagini ipotizzando nei confronti del marito della donna, il 50enne Marco Colonnetta, il reato di maltrattamenti seguiti da suicidio.

Si va quindi verso il rinvio a giudizio dell'uomo, il cui comportamento, per la Procura, potrebbe aver spinto la donna, che aveva 44 anni, a uccidersi. Tamara Sartor venne ritrovata con la gola legata alla maniglia di una porta nel pomeriggio del 27 novembre 2017 dallo stesso marito, che rientrava da una passeggiata con il nipotino. All'interno della casa tutte le finestre erano aperte, le luci accese. Al piano di sopra c'era lei, riversa sul pavimento priva di vita. Sul suo corpo, rivelò l'autopsia, non c'erano i segni di violenza fisica ma quello di abuso di alcolici, che la donna avrebbe assunto in grande quantità prima di commettere il gesto.

I SOSPETTI Il sospetto della procura trevigiana è che la tragedia sia maturata in un ambiente familiare caratterizzato, se non proprio marchiato, dai maltrattamenti, fisici e psicologici di Colonetta nei confronti di Tamara. È in quel mare di problemi della coppia che potrebbe stare la ragione per cui, come confermato da alcune testimonianze dei familiari, la 44enne avrebbe iniziato a bere. Una dipendenza dall'alcol che l'avrebbe inghiottita in un gorgo di malessere e depressione, tanto da costringerla a lasciare il lavoro in quel bar di famiglia che gestiva da tempo ma che non era più in grado di mandare avanti. Prima l'alcol, poi il suicidio, unica via di fuga dal male interiore che si è impadronito della sua vita, magari ferita dai maltrattamenti del marito. Non solo fisici ma soprattutto psicologici. Tutti sapevano che tra i due le cose non andavano bene da molto, malgrado avessero deciso non molto tempo prima di acquistare una nuova casa. A muovere i sospetti sull'uomo fu la famiglia di lei, che dopo il ritrovamento del corpo presentò un esposto in cui si ventilavano i presunti maltrattamenti subiti. Se non della violenza, di tutto il resto sapeva anche la madre di lui, che ha raccontato come il matrimonio fosse ormai andato in rovina, pur attribuendone la responsabilità al vizio del bere che avrebbe imprigionato la nuora.

LA DIFESA Lui è stato sentito subito dopo la chiusura delle indagini. «Il nostro - ha detto - era un matrimonio logoro, pieno di problemi, costellato di incomprensioni a discussioni animate. Per questo a casa mia sono venuti spesso i carabinieri, a volte chiamati da me. Ma nei giorni precedenti alla morte avevamo mantenuto dei rapporti cordiali». L'uomo ha negato di aver mai maltratto la Sartor, da cui, al tempo, si stava separando. Una rottura, a suo dire, causata dal vizio del bere della donna, che non sarebbe maturato negli ultimi anni ma che avrebbe piuttosto contraddistinto l'esistenza di Tamara fin dalla gioventù. Da cui, sempre secondo la versione di Colonnetta, la decisione della famiglia di lei di farle lasciare il lavoro presso il bar che madre e sorella hanno a Ormelle. Lasciata a sé stessa, con un marito che si assentava da casa per parecchie ore durante la giornata, Tamara Sartor è scivolata sempre più dentro l'incubo della depressione e dell'alcol. La decisione del marito di separarsi deve essere stata tremenda da accettare. Forse tutto è diventato improvvisamente troppo e la donna ha deciso di farla finita. Ma per la procura il gesto estremo potrebbe esser stato il risultato di maltrattamenti non sporadici ma diventati ad un certo punto quasi un regime di vita.

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